Un papa Francesco, quello della lunga intervista al Tg5 di ieri sera, colloquiale, semplice e familiare come il Giovanni XXIII del “date una carezza ai vostri bambini”. Un papa che entra nel merito degli spinosissimi e controversi tempi sul tappeto – la pandemia, il vaccino, la povertà, le guerre, l’aborto, le contorsioni nelle democrazie, le contestazioni alla Casa Bianca, le responsabilità della politica e delle classi dirigenti – senza la presunzione di dettare ricette. Accettando la sfida in campo aperto, senza proteggersi dietro lo scudo di ineccepibili proclami astratti. Ma distillando giudizi concreti affilati come un bisturi e spiazzanti come micidiali contropiedi.



Primo contropiede: Il tema generale dell’intervista è la via d’uscita dalla crisi della pandemia. Per tutti, o quasi, la via d’uscita è quella che ci fa tornare ad essere come prima. Bergoglio avverte che è impossibile: da una crisi siffatta si esce migliori o peggiori. Tertium non datur. Sta a noi decidere.

Sì ma il vaccino? Certo che va fatto, dice il papa, è un dovere etico verso noi stessi e verso tutti gli altri. Perché non fidarsi dei medici? Lui comunque si è già prenotato per farlo. E questo consideriamolo un contropiede rivolto ai no-vax e al “negazionismo suicida”.



Altro grande contropiede. Se pensiamo alla crisi che attraversiamo, guardiamo tutti ai numeri del contagio nel recinto di casa nostra e cerchiamo di capire se il prossimo Dpcm ci porterà altre fregature o qualche beneficio. Il resto della vita, il resto del mondo non appare più sui nostri schermi radar. Complici i media, abbiamo ridotto in confinamento gli organi della conoscenza e della condivisione. Primo: salvare la nostra ghirba. Francesco ci impedisce di ignorare, di girare la testa dall’altra parte. Ci rimette di fronte le sofferenze del mondo, senza confini né censure. E si concentra sui mali più atroci: quelli che colpiscono i bambini, i milioni di bambini cui è fatto mancare il cibo e l’istruzione. Ma anche i milioni di bambini che vengono soppressi prima della nascita, “per togliersi un problema, utilizzando magari un sicario”.



Ancora. In un contesto in cui siamo facilmente portati a “prendere le distanze” (da tutto ciò che sentiamo come minaccia o disturbo), il contropiede di papa Bergoglio ha la parola d’ordine “vicinanza”. Quasi sinonimo di fratellanza, parola strettamente connessa quindi all’ultima enciclica, appunto Fratelli tuttiLa parola “vicinanza” sottolineata dal papa indica un dinamismo concretissimo attraverso il quale l’ideale – o la coscienza – della fraternità si documenta nella realtà. Come dire “farsi prossimo”. Il samaritano del vangelo si è fatto prossimo del povero disgraziato derubato e pestato a sangue, gli si è avvicinato proprio, mentre il sacerdote e il levita avevano altro da fare, hai visto mai una bella dissertazione in sinagoga sulla fraternità. Con la parola “vicinanza” tutti noi comprendiamo facilmente quale apporto possiamo dare. Non a caso Francesco ha valorizzato il farsi prossimo non solo dei medici e infermieri, ma quello dei poliziotti, dei tranvieri, delle commesse del supermercato. Di chiunque. Ha un senso il lavoro, ogni lavoro, perché serve la comunità, e chiunque può prenderne coscienza.

Comunità unita. Ecco un’altra formidabile giocata da ripartenza in contropiede. Il richiamo è per tutti, ma la “castagna” è mirata soprattutto alle classi dirigenti – politici, industriali, esplicitamente citati, come anche gli ecclesiastici – le quali devono ora imparare ad affermare non l’io ma il noi. Nell’anno del Covid i Paperoni del mondo hanno accresciuto tantissimo i loro spaventosi patrimoni. I politici, anche questo Francesco ha detto senza peli sulla lingua, sbagliano se si lasciano tentare dalla bramosia di esasperare i conflitti per passare all’incasso, non di miliardi di dollari, ma di consensi elettorali. “L’unità è superiore al conflitto. Oggi assolutamente. Oggi è il tempo della semina, non del raccolto”.

Con queste e le altre cose che ha detto nell’intervista il papa ha realmente comunicato a chi ha voluto ascoltarlo non semplici parole, ma la testimonianza della sua vicinanza agli uomini e della sua dedizione all’unità. Come il buon samaritano. Che a sua volta è figura di Gesù, colui nel quale la “vicinanza” di Dio agli uomini si è compiutamente manifestata sino alle estreme conseguenze. Perché è la “vicinanza” di Dio la sorgente ultima del nostro farci prossimo. Non tutti hanno della fede, ha detto il papa, essa è dono gratuito, ma tutti possono essere aperti a questo dono. E chiederlo. Qui il contropiede diventa abbraccio. Gol.