Le pensioni degli over 60, oggi o domattina; le pensioni degli under 30 dopodomani e oltre. Nessuno può ragionevolmente chiedere al Governo Draghi di risolvere le questioni nella Legge di bilancio 2022; e neppure di avviare una “riforma” propriamente detta, anche qualora il Premier rimanga in carica fino alla scadenza della legislatura, fra 15 mesi. Su questo sfondo, tuttavia, è naturale che il confronto politico salga di tono e di contenuto: tentando di superare gli schematismi su “quote”, “categorie usuranti” e quant’altro. Per quanto importanti, anche se esclusivamente per i lavoratori in uscita.
Il leader del Pd, Enrico Letta, aveva alzato il tiro appena entrato in carica: proponendo un prelievo fiscale patrimoniale “per creare una dote ai giovani”. Ricetta ineccepibile nella prospettiva storico-ideologica della sinistra italiana: ma quanto praticabile nel ventunesimo secolo, nella sua basicità statalistico-fiscale?
Per questo paiono più stimolanti – sul piano intellettuale prima che politico – proposte innovative come quella avanzata da Ferruccio De Bortoli riguardo la cosiddetta “adozione previdenziale”: cioè l’ipotesi di offrire a chi non ha eredi la possibilità di dedurre i contributi versati per chi non sia figlio o nipote. Una variante evoluta (sia sul piano sociale che su quello del mercato) del lungo decollo della previdenza integrativa.
È un punto di vista inscritto in un orizzonte sociopolitico molto diverso da quello disegnato dalla dialettica fra partiti (soprattutto il Pd dell’ex ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, o Leu o frange di M5S). È l’approccio della sussidiarietà economica, dell’innovazione sociale, dell’appello alle libertà diffuse e consapevoli nei territori inesplorati del post-pandemia. È un’ottica che parte dall’osservazione attiva della realtà: quella che vede una quota record della ricchezza finanziaria delle famiglie (1.800 miliardi) immobilizzata nei conti bancari o postali. Ancora e di più: una realtà che individua a 60 anni – secondo le statistiche Assogestioni – l’età media dei 7 milioni circa di sottoscrittori di fondi comuni in Italia (con una quota importante di over 75) .
È un indicatore fra tanti delle crescente polarizzazione di varie grandezze economico-finanziarie fra classi d’età. Ed è certamente uno dei nodi della questione-diseguaglianza nel Paese: aggrovigliata ma non per questo tagliabile con l’accetta.
La scelta del Governo Draghi di attenuare “Quota 100” a “Quota 102” in sé non è contestabile nel brevissimo periodo: come quella di mantenere un Eeddito di cittadinanza orientato in misura importante verso le classi d’età più giovani e più deboli, ancorché in un quadro più stretto di parametri e controlli. Non è irrealistico neppure lo sforzo delle principali organizzazioni sindacali di rimodulare la strategia sottostante “Quota 100” (l’uscita scaglionata degli “over 60” in una cornice meno garantita rispetto a oggi). Ma l’orizzonte-Pnrr – un ampio “medio periodo” di sei anni – può e deve consentire di utilizzare molto “pensiero laterale” del ricostruire un welfare previdenziale attento a tutti gli italiani.
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