La pandemia, che non è ancora finita, ci sta offrendo la possibilità di comprendere con maggior chiarezza in cosa consista quella strana capacità di essere razionali. Lo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale ci ha portato a domandarci quale sia la caratteristica propria della conoscenza umana, ciò che ci differenzia dagli algoritmi. La reazione ai vaccini ci offre risposte molto forti: distrugge il mito dell’egemonia di una conoscenza empirica basata sui puri dati e mette in risalto l’importanza di una razionalità fondata sulla fiducia.



L’allarme è tornato in Europa – negli Stati Uniti non è mai cessato -, una nuova ondata di coronavirus colpisce il Vecchio Continente, la “ondata dei non vaccinati”. La Russia è diventata il Paese con più morti al giorno e in Germania il tasso di incidenza è tornato a salire pericolosamente. La Cancelliera uscente, Angela Merkel, si è espressa in favore di blocchi mirati per coloro che non si sono vaccinati. Tuttavia, una parte significativa della popolazione si sente più vicina a Joshua Kimmich, il giocatore del Bayern di Monaco, che alla donna che è stata il capo del governo negli ultimi sedici anni. Kimmich dice che non vi sono studi sugli effetti a lungo termini dei vaccini e che per questa ragione lui non si vaccina. In Germania vi sono ancora 16 milioni di persone scoperte e solo il 67% della popolazione ha completa copertura, quantità insufficiente, come si sta vedendo, per raggiungere l’immunità di gruppo.



Negli Stati Uniti la percentuale di copertura completa è simile a quella tedesca (70%). Il tentativo di Biden di esigere che i lavoratori di imprese con più di 100 dipendenti si vaccinassero prima del 4 gennaio si è scontrato con il rifiuto di un tribunale federale di appello. Ben 27 Stati si sono mostrati contrari a imporre ai cittadini ciò che non vogliono fare volontariamente.

Alcuni mesi fa, il settimanale The Atlantic ha pubblicato un servizio circa le motivazioni del rifiuto dei vaccini. Quella più frequente era l’opinione di avere un sistema immunitario sufficiente per sconfiggere il Covid. Il valore dell’immunità di gregge non aveva un gran peso. Un altro motivo frequente era che il virus non era più pericoloso che guidare una macchina. I dati di un’indagine del Pew Research Center del mese di settembre dettagliavano queste motivazioni, quando già si contavano più di cinque milioni di morti nel mondo. L’81% di chi non si era vaccinato sosteneva di non sapere quali rischi seri e concreti comportava il vaccinarsi e il 70% non trovava senso nelle informazioni che riceveva. Era ed è un problema di paura ed è difficile pensare che queste posizioni possano cambiare diffondendo maggiori informazioni su come il vaccino è fatto e sui suoi effetti. Non è alla portata della maggioranza del pubblico valutare come l’RNA messaggero aiuti le nostre cellule a sviluppare le proteine che ci difendono. Si tratta di una questione di fiducia: infatti, l’80% di chi non si vaccina è sicuro che le autorità sanitarie non stiano dicendo tutto quello che sanno.



Prima dell’esplosione del Covid, quando il fenomeno del rifiuto dei vaccini si era già diffuso in una parte del mondo occidentale, l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) aveva pubblicato uno studio intitolato Vaccini e fiducia. In realtà era una descrizione delle modalità con cui apprendiamo e affermava che “gli umani non sono elaboratori perfetti delle informazioni disponibili”. Concretamente, “le emozioni individuali possono avere maggior impatto sul comportamento rispetto alla conoscenza”. I giudizi si formulano e le decisioni si prendono, diceva lo studio, non in funzione di un processo analitico ma di altri fattori. Per esempio, “in funzione di fatti ed esempi che in un modo immediato vengono alla mente”, di “conclusioni che confermano la precedente propensione”, di “emozioni”, come la paura, la rabbia, l’incertezza, o di ciò che si considera familiare. “Se (qualcuno) ha sentito recentemente una fonte che considera credibile esprimere una certa opinione sulle vaccinazioni, valuterà le future informazioni a partire da questa fonte”.

Quest’ultima frase sintetizza il meccanismo della razionalità. Come dice il neurologo Antonio Damasio: “l’intelligenza c’è, è la capacità di essere razionali quella che manca”. Il problema non è di intelligenza, ma dell’uso che se ne fa, della posizione che si ha nel considerare una “fonte credibile”, della capacità di leggere gli indizi che la rendono degna di fiducia.

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