A proposito della pandemia in corso una domanda che ricorre continuamente, non solo tra gli addetti ai lavori, è se oltre agli effetti sanitari diretti del virus si debbano considerare degli effetti indiretti, i più importanti dei quali sarebbero legati ad una ridotta attenzione del Servizio sanitario nazionale a patologie diverse da quelle associate al Covid, alla rinuncia o al mancato accesso alle cure (visite, esami, terapie…) da parte dei cittadini o ad una posticipazione delle attività sanitarie per indisponibilità dei servizi di erogazione, agli effetti sanitari collaterali e indesiderati (esempio: depressione) originati dalla tensione creata nei soggetti più fragili dai vari interventi di limitazione delle libertà individuali, e così via. Ne abbiamo già parlato anche da queste colonne.



In attesa dei dati di dettaglio sulla mortalità Istat per patologie, dei dati sui ricoveri ospedalieri sempre per patologia, delle prestazioni ambulatoriali erogate, dati che adeguatamente studiati ci permetteranno di dire per quali malattie si è arrivati al ricovero o al decesso e per quali prestazioni ambulatoriali vi è stata una rinuncia o una diminuzione di erogazione, qualche utile informazione sulla mortalità si può ricavare dai dati Istat sui decessi totali giornalieri e dai dati di mortalità giornaliera Covid della Protezione Civile.



E’ bene precisare che la mortalità generale del flusso Istat rileva tutti i decessi a prescindere dalla patologia che ne è la causa, mentre la mortalità giornaliera Covid della Protezione Civile rileva solo i decessi che rispondono ai seguenti requisiti: “decesso occorso in un paziente definibile come caso confermato di Covid-19”; “presenza di un quadro clinico e strumentale suggestivo di Covid-19”; “assenza di una chiara causa di morte diversa dal Covid-19 o comunque non riconducibile all’infezione da Sars-CoV-2”; “assenza di periodo di recupero clinico completo tra la malattia e il decesso”. Mentre la rilevazione Istat ha una validità e una completezza note, poco conosciamo degli attributi di qualità (soprattutto quanto a completezza ed omogeneità territoriale) della rilevazione Covid della Protezione Civile, argomento che riprenderemo tra breve.



Con una adeguata elaborazione dei dati di mortalità generale dell’Istat (per gli anni dal 2011 al 2019) è possibile costruire quella che chiamiamo la “mortalità giornaliera attesa” nel 2020 e nel 2021 in assenza della pandemia (si veda, per gli aspetti di metodo, il lavoro di Berta, Vittadini e Zocchetti) e confrontare tale mortalità attesa con la mortalità realmente osservata. La differenza (osservato-atteso) rappresenta quantitativamente la stima dell’effetto della pandemia sulla mortalità generale.

Nella Figura 1 viene rappresentato l’effetto giornaliero della pandemia in termini di eccesso di mortalità (Istat) tra il 1° gennaio 2020 e il 28 agosto 2021, a confronto con la mortalità “Covid” registrata dalla Protezione Civile per lo stesso periodo, dove per smussare la variabilità giornaliera e la ciclicità settimanale si è raffigurato come valore la media mobile su sette giorni attorno al singolo giorno. La differenza tra le due curve (eccesso di mortalità generale – mortalità “Covid”) ci dà l’idea sia di quanto possa essere la mortalità attribuibile alle altre patologie, cioè i decessi che potremmo ritenere indirettamente legati alla presenza del virus e riconducibili ad una ridotta attenzione del Servizio sanitario, al ritardato o mancato accesso alle cure, alle tensioni create nei soggetti più fragili dai vari provvedimenti di limitazione delle libertà, e così via, sia di quanta mortalità possa essere stata (paradossalmente) risparmiata per effetto della pandemia, sia dei potenziali problemi di sotto (o ritardata) notifica dei casi di decesso nel flusso della Protezione Civile (si veda oltre per i dettagli).

Figura 1. Eccesso giornaliero di mortalità generale Istat e decessi giornalieri Covid Protezione Civile. Medie mobili su sette giorni.

Il grafico si presta a diverse osservazioni. Dal 1° gennaio 2020 al 20 febbraio circa (i dati della Protezione Civile iniziano il 24 febbraio 2020) l’eccesso di casi Istat è negativo: in questo periodo si muore quindi di meno rispetto alle previsioni. L’osservazione è di rilievo, perché ci dice che se non ci fosse stata la pandemia la mortalità generale del 2020 e del 2021 sarebbe stata molto probabilmente più bassa di quanto da noi stimato, e pertanto l’eccesso di casi che attribuiamo alla pandemia sarebbe in realtà più elevato.

Il periodo marzo-aprile 2020 rappresenta la prima ondata pandemica. L’eccesso di mortalità è molto evidente e vi è una buona corrispondenza di andamento tra l’effetto descritto dalla mortalità generale Istat e quello descritto dalla mortalità Covid della Protezione Civile. Per buona parte di questo periodo, però, la mortalità Covid è decisamente inferiore all’eccesso di mortalità generale: la differenza è attribuibile alla presenza almeno di due fenomeni, di cui il primo (e, per chi scrive, ben più importante) è la sottoregistrazione dei morti Covid (dovuta alla elevata numerosità dei decessi e alle circostanze in cui sono avvenuti: ricordiamo tutti la drammaticità e tragicità di quei momenti così iconicamente fissati nelle immagini delle carovane dei mezzi militari che trasportavano a sepoltura lontano da casa i corpi dei soggetti deceduti), il secondo è una sovramortalità per altre patologie.

Il periodo maggio-giugno (fino a metà del mese), esaurimento e termine della prima ondata, vede un numero maggiore di decessi nel flusso Covid di quanti siano invece previsti in eccesso dai dati Istat. In questo periodo è possibile che siano stati recuperati nel flusso Covid decessi avvenuti in precedenza, ma che erano sfuggiti alla registrazione, ma è più probabile che l’effetto derivi, come per il periodo gennaio-febbraio, da una sovrastima dei valori attesi e quindi porti ad una sottostima dell’effetto della pandemia sulla mortalità generale. A questa sovrastima dei valori di mortalità attesa partecipa sicuramente anche una ridotta mortalità a seguito degli interventi restrittivi messi in atto per contrastare la diffusione del virus (esempio: decessi in meno per incidenti per via della minore mobilità della popolazione).

Il periodo estivo (metà giugno-settembre 2020) non offre particolari spunti di riflessione, ma agli inizi di ottobre comincia una seconda ondata che, con alcuni rimbalzi in cui si possono riconoscere una terza e una quarta ondata seppure di intensità (in termini di decessi) inferiori, si è protratta fino all’inizio dell’estate 2021.

E’ importante l’analisi del periodo ottobre 2020-marzo 2021, perché permette alcune riflessioni interessanti.

1) Si ripresenta nel periodo ottobre-dicembre 2020 un fenomeno analogo alla prima ondata: elevato eccesso di mortalità generale e di mortalità Covid, con possibile sottoregistrazione dei morti Covid e contemporanea sovramortalità per altre patologie.

2) Si registra però anche un ritardo temporale tra l’entità dell’eccesso della mortalità generale e la mortalità Covid (si veda il confronto tra i picchi delle due curve): a tale ritardo hanno contribuito certamente, da una parte, la difficoltà a segnalare in maniera tempestiva i decessi Covid, difficoltà direttamente documentata in alcune regioni, ma dall’altra (e ancor più significativamente) un fenomeno che diventerà più evidente nel periodo successivo che andiamo adesso a indagare.

3) A partire dalla metà di dicembre 2020 e fino alla fine di marzo 2021 la mortalità Covid è di gran lunga superiore all’eccesso di mortalità generale: come si può spiegare questa apparente anomalia? L’effetto del virus nel provocare decessi Covid è evidente, ma contemporaneamente nello stesso periodo (siamo in inverno 2021) è stato assente il tipico fenomeno influenzale che caratterizza la stagione e sono quindi venuti meno i decessi normalmente associati a queste sindromi (decessi che erano presenti negli anni precedenti e che hanno quindi portato ad una larga sovrastima dei casi attesi, e perciò ad una sottostima dell’eccesso di morti associati alla pandemia): in pratica, è come se l’effetto del Covid ha sostituito l’effetto dell’influenza.

Con la fine del mese di marzo 2021 si raggiunge l’ultimo picco della seconda, lunga e ripetuta, ondata (per alcuni la terza, o addirittura la quarta): da lì e fino alla fine del mese di agosto, termine della nostra attuale analisi, l’eccesso di mortalità generale e i decessi Covid vanno abbastanza di pari passo, anche se nei primi mesi (aprile-maggio) sembrano ancora presenti sia un ritardo di segnalazione dei decessi Covid che un risparmio di decessi per altre patologie.

In definitiva, l’analisi della mortalità giornaliera Covid (dati della Protezione Civile) da una parte mostra una interessante similitudine con l’andamento dell’eccesso di mortalità generale (Istat) attribuibile complessivamente all’effetto della pandemia, ma dall’altra mette in luce alcuni piccoli (o grandi) particolari che permettono di ipotizzare l’esistenza di diversi fenomeni che stanno dietro ai dati e che per il momento non siamo ancora in grado di valutare quantitativamente (se non nel loro complesso): la sottonotifica di decessi Covid, il ritardo nella comunicazione dei morti Covid, i decessi risparmiati per alcune patologie (incidenti, influenza, …) e quelli invece aumentati per altre (ritardato o mancato accesso alle cure, stress sui soggetti fragili…).

Eravamo partiti per lavorare attorno all’ipotesi se oltre agli effetti sanitari diretti del virus si siano verificati degli effetti indiretti, e in particolare se a causa del Covid per diversi motivi vi sia stato un aumento anche di altre patologie, ma i risultati dell’analisi della mortalità giornaliera sono andati ben oltre le nostre aspettative, svelando aspetti inattesi e nuove ipotesi da verificare.

Rispetto all’ipotesi di partenza si deve concludere che vi sono diversi segnali che indicano la presenza di un aumento di mortalità per patologie non collegate al virus, patologie che solo i dati di dettaglio sulle cause di decesso (attraverso l’esame delle schede di morte Istat quando saranno disponibili) potranno precisare. Analogamente, ma per ipotesi inversa, si potrà verificare l’eventuale presenza di patologie che durante il periodo pandemico hanno presentato delle frequenze ridotte.

Dietro a tutte queste osservazioni vi sono poi le evidenti difficoltà insite nella stima dei cosiddetti casi attesi in assenza di pandemia, stima la cui validità (per quanto ragionevole) rimane ipotetica e senza la possibilità di qualsiasi verifica fattuale.

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