La settimana scorsa ho partecipato a un incontro con l’ingegner Gian Paolo Dallara, proprietario dell’omonima azienda di automobili da competizione che ha vinto su tutti i circuiti del mondo. Ne ho tratto l’identikit dell’imprenditore ideale, caratterizzato da questi sei punti.

Primo. Uno spiccato desiderio personale di creare qualcosa di bello e di grande e di non sentirsi mai arrivato. L’ingegnere non si è accontentato di un percorso lavorativo da favola che l’ha portato fin da giovanissimo in Ferrari, Lamborghini, Maserati, De Tomaso, Lancia, ma ha voluto rischiare tutto per costruire una sua macchina da corsa cominciando da zero.

Secondo. Un certo modo di concepire gli utili aziendali. Di recente, con i suoi soci ha deciso che l’80 per cento degli utili rimangano in azienda per i prossimi 25 anni. E che tali somme saranno utilizzate per formare i lavoratori affinché siano in grado di creare “la vettura di domani”.

Non solo formazione interna, di cui avvantaggiarsi direttamente, ma, terzo punto, uno sguardo più largo al territorio: la Dallara ha dato tre milioni di euro per le attrezzature della scuola professionale di Fornovo.

Quarto. Uno sguardo positivo e capace di valorizzare, riconoscendo che le università italiane preparano i giovani a imparare e che questi “sono bravi, si appassionano e hanno voglia di fare”.

Quinto. Un tipo di leadership per cui i successi sono collettivi e le sconfitte servono per imparare.

Sesto. La capacità di essere grato e l’impegno a restituire. Per questo degli utili distribuiti alla famiglia, il 50 per cento finirà in una fondazione per aiutare chi, per ragioni economiche, fosse costretto a rinunciare agli studi.

In sintesi, è il profilo di un imprenditore alternativo al neoliberismo finanziario, che concepisce la ricchezza come un affare da economia reale. Un affare che si può definire anche sociale.

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