La confidenza di Maria

Maria corre dalla cugina Elisabetta per confidarle il grande annuncio che l'Angelo le ha fatto. Ma anche lei ha una confidenza da farle

Impossibile, per lei, trattenere la forza d’urto di quell’annunciazione: teneva la tensione d’una corda tirata, l’impeto di un flutto marinaro, l’inquietudine della bellezza. Niente da fare: (ri)partito l’Arcangelo – “Diommio, Maria ha accettato il vostro invito!” fu l’annuncio di Gabriele a Dio – anche Maria partì: troppo, anche per una come lei, contenere nel petto l’incontenibile che iniziava a mettere giù il piede nel ventre suo. A Nazareth, quel giorno, tanti accesero la luce col mignolo del piede per non alzarsi. E vedendo ch’era tutta indaffarata nell’andar «in fretta verso la regione montuosa», le chiesero: “Perché corri, Maria?”. Lei sorrise, non volle rispondere loro ciò che le ardeva nel petto: “E perché voi siete tutti fermi?”. Nel suo petto abitavano piccoli anticipi di Dio: l’idea, l’annuncio, l’agitazione, lo stupore dell’inaspettato. Da perfetta atleta, uscì di casa per andar a correre, ma il vero guadagno fu che, correndo, rientrò in se stessa. Mistero della fede.

Giunta «in una città di Giuda», non fece l’invadente. Chiese permesso con il suo saluto: “E’ permesso, cuginetta mia?!”. Altri, quando arrivano in una casa, scordavano il permesso: “Scusa, non è che hai un caricatore? Mi si è scaricata la batteria del telefono!”. Niente di tutto ciò: Maria è figlia umile di gente povera, è (stata) educata alla cortesia, alla gentilezza. E’ andata dalla cugina perché sa bene che Elisabetta saprà gioire della sua gioia: la confidenza puoi prendertela solamente se l’altro te la concede, altrimenti è solo invadenza. Solo Elisabetta, col suo pancione bene in vista, saprà dirle cose sensate per tentare di spiegare l’insensato che le sta accadendo. Confidenze tra donne, intimità al femminile, gestualità dell’amor parentale: “Hai (proprio) ragione, Elisabetta: bisogna essere mamme per riuscir a capire certe cose!”. Appena il tempo di udire il saluto, molto tempo prima che le loro braccia s’aggomitolassero tra di loro (senza distanza di sicurezza), che dentro i loro grembi due bambini già stanno facendo squadra tra di loro, all’oscuro del mondo che non si accorge di nulla: “Prima tu, Giovannino: parti, livella, ricolma, preparami tutto pronto. Poi arrivo io a finalizzare il lavoro!” disse il Cristo, non ancora bambino, al cugino leggermente più grande di lui.

Poi, d’improvviso, lo scoppio: basta parole soffuse, confidenze bisbigliate, parole condivise. D’ora innanzi si alza al mondo la prima Ave Maria della storia, declamata «a gran voce». Parole che andranno attaccate, di generazione in generazione, a quelle dell’arcangelo«Ave Maria, piena di grazia, il Signore è con te». Appena dopo quelle, le parole di Elisabetta: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo!» (cfr Lc 1,39-45). Resteranno, come le prime, parole d’alta confidenza: sarà inutile dirlo, ma la vera ricchezza è avere qualcuno col quale confidarsi. È che dovremmo sceglier con cura a chi fare confidenze, a chi dare la confidenza, con chi prenderci confidenza. Perché una confidenza alimenterà una conversazione molto più dell’intelligenza. Dentro la casa, all’insaputa del mondo, due donne si son concesse il lusso della confidenza, di confidarsi paure materne: “Elisabetta, tu sarai capace d’essere una mamma all’altezza? Maria, chissà se i nostri bambini avranno un’infanzia lieta vedendo com’è il mondo? E se piangeranno e non sapremo calmarli, Betty? Maria, e se, mangiando, capita che un boccone scenda di traverso, sapremo gestire l’emergenza? Chissà che caratteri avranno: accesi o melanconici?”. Confidarsi le paure, loro due lo sanno, è il più alto livello di complicità: quello che le terrà legate tra loro per sempre.

Nessuno sa – oppure lo sapevano, l’han taciuto di proposito – da quanto tempo loro due non s’incontrassero. Poco importa: le distanze non si misurano in chilometri, ma in possibilità. La confidenza non ha il senso del tempo: un minuto o vent’anni sono della stessa sostanza. Basta guardarsi per ritrovarsi. Una: Ave Maria! L’altra: Ave, Elisabetta! Delle donne non vince quella che corre dietro, né quella che scappa. Vince quella che sa aspettare l’attimo giusto. Quello magico.

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