In questi giorni di fine anno si fronteggiano due messaggi apparentemente contraddittori. Da un lato gli esperti sanitari e i decisori politici non smettono di affermare che stare vicini è pericoloso, che avvicinarsi gli uni agli altri è anticamera del contagio e dell’epidemia. Da tutt’altro punto di vista il cuore di ciascuno – complice anche l’atmosfera delle feste – vorrebbe invece gridare l’intima certezza che la vicinanza è la vera risposta all’attesa che siamo e che ci definisce. Natale è il racconto mai demodé di un Dio che si fa prossimo a ognuno di noi e che si coinvolge con la storia dell’uomo. È la conseguenza diretta del giudizio che Dio dà nella Genesi quando, dopo la creazione di Adamo, si accorge “che non è bene che l’uomo sia solo”. Alla solitudine dell’Io, il Dio di Israele risponde con una compagnia carnale, il cui eminente segno è il volto dell’altro.
Sentire tutto il dramma, e l’ingiustizia latente, per questa forzata distanza significa sentire tutto lo struggimento per l’abbraccio che ci manca, quello di Dio.
Dunque domandiamoci se sia vero che il volto dell’altro possa riempire questa nostra solitudine. Davvero il volto del marito, della moglie, dell’amata o dell’amico, possono estinguere la nostalgia che ci abita?
Questi giorni strani ci costringono ad andare oltre quello che già sappiamo, e abbiamo immaginato, per recuperare la radice profonda della nostra mancanza, l’origine ultima del nostro bisogno. Confusi, peccatori o inermi, l’inconfessabile attesa che abita il nostro cuore è quella per Gesù Cristo, il Figlio di Dio, l’Emmanuele. È di Lui che i nostri occhi hanno sete, è di Lui che le nostre mani hanno fame, è di Lui che il nostro cuore ha necessità. Senza di Lui la vita è una lunga solitudine proiettata e gettata nel nulla, ostaggio della violenza, della conquista, delle supposte vittorie.
Questi giorni di Natale non risvegliano soltanto il bisogno che abbiamo gli uni degli altri. Nella loro inaudita richiesta di distanza ci aiutano a metterci in ginocchio e a mendicare esattamente come gli antichi imploravano nel deserto: “Maranatha, Vieni Signore Gesù”.
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