Negli ultimi giorni la Spagna è stata il triste palcoscenico di un grave caso di dissociazione. Questo termine, proprio della psicologia, serve a descrivere il meccanismo che dissocia la mente dalla realtà in determinate situazioni, generalmente estreme. Gli spagnoli hanno assistito sorpresi ai comportamenti dissociati della loro classe politica. L’analisi etica di ciò che è accaduto non eliminerebbe lo sconcerto.
La situazione del Paese comporta una grande sfida: la Spagna è uno dei Paesi europei più colpiti dalla pandemia. È passato un anno dal lungo isolamento domiciliare, decretato però troppo tardi. Gli errori nella gestione della situazione sono stati continui, non solo nei primi mesi quando la mancanza di conoscenza era un’attenuante. Il virus ha causato più di 90.000 morti, uno dei tassi più elevati di mortalità. L’economia, che dipende molto dal turismo e dai servizi, ha sofferto uno dei maggiori cali del Pil tra i Paesi Ocse nel 2020. Ci sono circa sei milioni di persone che vorrebbero lavorare e non possono farlo.
In questa situazione è accaduto che Ciudadanos, partito molto piccolo a livello nazionale, abbia preparato una mozione di sfiducia per rompere con il Partito popolare e governare con i socialisti nella piccola regione di Murcia. La cosa non avrebbe avuto molta importanza se non fosse che l’operazione è stata preparata dai collaboratori del Premier a Madrid. Una mossa da gioco degli scacchi per mangiarsi un pedone e, insieme, la regina: il governo regionale di Madrid. La mossa mirava, soprattutto, a indebolire l’opposizione, evitare il possibile riavvicinamento di Ciudadanos al Pp, conquistare potere territoriale e cercare un futuro alleato. L’operazione non è andata a buon fine, perché il Pp ha reagito con un’inaspettata mossa tattica: ha convinto tre deputati di Ciudadanos a ritirarsi dalla mozione di sfiducia in cambio di un posto nel governo regionale.
Perché si è arrivati a questa dissociazione tra la classe politica e i bisogni sociali? Non c’è una sola causa. La politica spagnola, negli ultimi dieci anni, con lo sviluppo del Movimento 15-M (il Movimento del 15 Maggio, i cosiddetti Indignati) e la radicalizzazione dei partiti nazionalisti trasformati in partiti indipendentisti, ha vissuto una trasformazione profonda. Il Psoe e il Pp, che rappresentavano il tradizionale bipartitismo socialdemocratico e liberal-conservatore, hanno visto ridursi la loro forza. La comparsa del populismo di sinistra, Podemos, e di una destra-destra, rappresentata da Vox, ha provocato una marcata frammentazione e dato vita ad alleanze poco stabili. In una situazione come quella causata dal Covid, il problema avrebbe potuto essere risolto con un accordo tra Pp e Psoe. Tuttavia, i socialisti hanno un rifiuto quasi genetico ad avvicinarsi al centro-destra, il quale è molto condizionato nelle sue mosse dalla forza di Vox.
Questo cambiamento nel sistema partitico e la permanente lotta in un Congresso con maggioranze insufficienti non sono l’unica causa della dissociazione. Si è osservato in questi giorni che la politica spagnola è una “politica Netflix”, con i suoi leader trasformati in personaggi di serie tipo House of Cards, dove l’esercizio del potere si confonde con gli intrighi e le manovre permanenti per ottenere un vantaggio sull’avversario. Alcuni dei responsabili della politica spagnola sono certamente fruitori compulsivi delle serie televisive e, inoltre, appartengono a una generazione già molto distante dal periodo in cui la cultura pubblica della Transizione alla democrazia ha segnato certi limiti.
Il fattore Netflix è sicuramente rilevante, ma occorre comprenderlo bene. Sarebbe infantile pensare che i politici abbiano visto così tante serie da seguire i modelli di comportamento dei loro protagonisti. La “politica Netflix” è un modo metaforico per descrivere l’origine dell’errore di percezione di presidenti, capi dell’opposizione e leader regionali: la loro grande capacità di sostituire la comunicazione alla gestione. La battaglia politica è la lotta per imporre un certo racconto e la costruzione di questo racconto, con troppi elementi di finzione, finisce per diventare il fatto più determinante. La narrazione deve essere semplice, manichea ed emotiva: la cosa più importante sono i sentimenti. Una crisi sanitaria e una crisi economica sono difficilmente rappresentabili negli schemi binari e semplicistici dominanti.
Questo processo che sostituisce la narrazione alla realtà ha un legame con lo stato dell’opinione pubblica. La resistenza del pubblico ad accogliere messaggi complessi, la facilità con la quale i media si allineano ai partiti, l’emotività nelle posizioni e la mancanza di articolazione della società rendono più facile l’espandersi di una forma autoreferenziale di fare politica.
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