Le cifre dell’ottavo Rapporto Bes (Benessere equo sostenibile) appena pubblicato dall’Istat rientrano in prima battuta nell’eterna categoria giornalistica delle “luci e ombre”. Le tendenze su scala decennale sono in gran numero positive in valore assoluto, ma quasi sempre deboli al raffronto con medie rilevate e obiettivi fissati a livello Ue. Un esempio fra tutti: dal 2010 ad oggi i bambini nella fascia 0-2 anni che usufruiscono di un servizio di asilo nido sono cresciuti dal 15,4% al 28,2%, ma ancora al di sotto dell’asticella posta dieci anni fa al 33%. Idem per un altro parametro portante: gli italiani fra i 30 e i 34 anni (al rilevamento annuo del secondo trimestre) in possesso di un titolo di laurea o equivalente sono cresciuti dal 19,8% al 27,9%; ma intanto l’Europa è scappata in avanti (42,1%). 

All’inizio di un 2021 che vede calare in Italia la speranza di vita alla nascita (da 83,2 a 82,3 anni negli ultimi 12 mesi) i contraccolpi della pandemia sono saliti rapidamente nelle scale d’attenzione dell’Istat. Ma il presidente Gian Carlo Blangiardo non perde di vista i tratti di fondo di una sofferenza endemica nel sistema-Italia: “Il Covid ha annullato progressi di dieci anni in molto settori”, ha detto commentando il Rapporto Bes. La crisi della sanità sotto il violento attacco dell’epidemia affonda le sue radici addirittura in regressi di lungo periodo: i posti ospedalieri di terapia intensiva sono calati da 3,51 a 3,04 ogni 10mila italiani e il Paese conta oggi su metà del personale paramedico attivo in Germania. 

Famiglia, education, sanità. In una sorta di virtuale agenda compilata dall’Istat per il governo impegnato nella riscrittura del Pnrr/Recovery, non manca naturalmente il lavoro: il tasso di occupazione nella fascia 20-64 anni era salito dal 61,3% del 2010 al 64% del 2019 (a cavallo di una lunga stagione di austerity e stagnazione): nel 2020 è ovviamente ricaduto al 62%: con un gap ancora netto verso il 71,6% della media Ue. Nel radar Istat spiccano anche le emergenze socioeconomiche, ancora una volta incistate: gli italiani in povertà assoluta sono oggi il 9,4% (più del doppio rispetto al 4,2% del 2010) ma erano già il 7,7% alla vigilia della pandemia. 

Sarebbe tuttavia sbagliato ignorare, nel rapporto, tracce meno scoraggianti. Dieci anni fa meno di un italiano su due era utente regolare di internet: oggi sono più di due su tre. Una strategia straordinaria di digitalizzazione per imprese, famiglie e Pa ha chance oggettive di tradursi in un “grande balzo in avanti”. E poi non vanno trascurate variabili sociali solo apparentemente “intangibili”: a cominciare da un rimbalzo sensibile – fra 2019 e 2020 – della partecipazione alla vita civile e politica statisticamente rilevabile. L’Italia, ha detto Blangiardo, “mantiene ancora forti riserve di speranza”.  

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