Una settimana alla moviola: siamo ai titoli di coda della vita del Cristo. Val bene seguirlo passo–passo: rivederlo ancora una volta in volto, avvicinarglisi per cogliere un moto del cuore, ripercorrerne i passi per imparare la strada. Siamo alle fasi finali della più larga guerra mondiale: Cristo contro Satàn. Ambedue, a fari spenti, han deciso come viverla: Cristo, costi quel che costi, inseguirà la sua passione; Satàn, spossato ma non vinto, tenterà d’andare in pensione: “Me la merito, dopo una vita passata a combatterlo” mugugna tra sé, sognando con gli occhi aperti un colpo mortale da sferrare all’Avversario. Entrambi concordano: “Non c’è più tempo da perdere!”. Tutto chiaro: l’amore può aspettare una vita, la passione non aspetta un secondo. “Preferisco morire di passione che di noia” fu la confidenza di Van Gogh. Cristo, da parte sua, sottoscrisse senza confidarlo.
Oggi Gerusalemme è in festa. È pericolosa una città in festa: drogata, non ragiona, ha la testa altrove, va bene tutto e il suo contrario pur di festeggiare. È l’inganno delle città festaiole: un ammasso di gente “dove le persone si sentono sole tutte insieme” (H. Prochnov). Questa, mentre il Cristo entra a bordo di un puledro, figlio d’asina, è l’identità della Città Santa: è una donna che consente di vedere senza essere visti. E di essere visti senza vedere.
Ci sono tutti, gli attori e i protagonisti, i fedeli e gl’infedeli, il ciarpame e la porcellana. Angeli e maiali: a Gerusalemme, per quando passa Cristo, si sono dati appuntamento tutti, non manca più nessuno. E tutti, oggi, per applaudirlo: Benedetto colui che viene nel nome del Signore: Osanna! (cfr Mc 14,1-15,47) Rami d’ulivo, petali di rosa canina, tappeti rossi, le vesciche alle mani a furia di batterle. Cristo, Mendicante solitario, attraversa la piazza gigante, i vicoli stretti, costeggia le finestre aperte: “Ci sono applausi – è il suo retropensiero – che bisognerebbe lavarsi le mani dopo averli fatti”.
Lui sa bene che, domattina, quegli Osanna diventeranno Buuu!: che i leccapiedi l’han già venduto nel cuore, che questa festa non è altro che il narcotico d’una città in preda al delirio. “Son più di trent’anni che non organizzano feste a mio Figlio – è Maria, da dietro il cornicione a ragionare così –: figurarsi se questa festa non ha il suo secondo fine”. Tace, però: tutto deve accadere. Lei lascerà che accada.
Venerdì prossimo, sul Golgota, l’ammazzeranno: “Un delitto passionale” è l’epigrafe funebre che appenderanno. “Per passione, però, non si toglie la vita, la si dona” insegnava, in tempi non sospetti, Diomendicante. Tace, però: anche Lui, esattamente come la Madre, tace. Silenzio elettorale da parte sua: adesso – dopo aver esposto il programma per rendere l’uomo più uomo d’assomigliare a Dio – non dovrà fare altro che accettare il responso delle urne. E le urne, lo si sa, sono ballerine come o più dei cuori. Pazienza, Lui è pittore: se il mondo non s’è accorto, pazienza. Oppure se ne accorto così tanto che, causa l’invidia, ha sottaciuto: perché, come scrisse van Gogh, “uno può avere un focolare ardente nell’anima e tuttavia nessuno viene mai a sedervisi accanto. I passanti vedono solo un filo di fumo che si alza dal camino e continuano la loro strada”. Sbadati!
Attraversa tutta la città, a testa alta, fedele fino alla fine alla sua missione: è appassionandosi che si vive e si vibra, tutto il resto è un arrancare stanchi. Lui è appassionato, Gerusalemme arranca vestendosi da centometrista. È (quasi) tutta finta, ha il mascara addosso, senza trucco ha delle occhiaie spaventose. Il Figlio di Dio, ricercando l’impossibile (che solo a Lui è possibile, disse l’angelo a Maria a Nazareth), fa la consacrazione alla passione. Nel doppio significato: “È appassionato quest’Uomo” dice chi lo guarda seriamente. “Che sofferenza viver così l’amore per l’uomo” recitano altri.
Una doppia passione, insomma: l’amore e il sangue, la vita e la morte, carezze e picconate. Tutto vissuto alla moviola: in sette giorni si decide il destino dell’umanità. Cristo va piano, perché vuol andare lontano. Ma, ancor più, vuol che questa sia una parola detta una volta per tutte.
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