“Un incremento fortissimo”, per quanto a livelli ancora altalenanti e comunque inferiori a quelli pre-Covid. La produzione industriale italiana in marzo è stata superiore del 37,7% rispetto allo stesso mese del 2020: passato drammaticamente agli annali per il primo lockdown. L’istituto di statistica non ha trattenuto l’uso del superlativo: non era affatto scontato che le cose andassero così, benché vi sia ancora un gap (-1,2%) rispetto all’ultimo dato veramente pre-Covid. Ma non appare certo un differenziale incolmabile già nel breve periodo, anzi: vi sono settori o aree dell’Azienda-Italia che hanno già recuperato per intero i livelli di output manifatturiero a prima dello scoppio della pandemia.
L’industria delle costruzioni (con indici in costante crescita da inizio 2021) ha già ultimato in febbraio una lunga navigazione in acque recessive. Negli ultimi giorni ha fatto invece notizia che nel Veneto centrale la produzione industriale abbia riannodato le fila delle crescita pre-Covid con un +11,2% su base annua nel primo trimestre. Le province di Padova e Treviso sono aree di manifattura “allo stato puro”: architravi del Made in Italy in comparti come la meccanica tech, il design, l’agroindustria ad alto valore aggiunto. È in questi distretti, in queste filiere, che l’Azienda-Paese si sta impegnando a trasformare direttamente la resilienza in rilancio. È qui che un’analisi-flash condotta da Confindustria Venetocentro in collaborazione con Fondazione Nordest ha fissato alcuni punti non banali per la politica industriale nazionale ai blocchi di partenza della stagione-Pnrr.
Primo e forse principale: a una ripresa effettiva e vigorosa occorre il doppio traino della domanda interna e di quella internazionale. L’accelerazione già registrata negli ordinativi in entrambi i segmenti dice che non va abbassata la guardia di medio periodo su provvedimenti come Industria (o Transizione) 4.0 e in parallelo su ogni misura di spinta pro-export (a cominciare dai sostegni alla fieristica).
Secondo: il quasi-boom della metalmeccanica (+18,5% trimestrale da un anno all’altro) soprattutto nella dimensione media è particolarmente stimolante perché segnala il ritorno della fiducia fra gli imprenditori, gradualmente più sicuri nel rialzare la domanda di beni d’investimento. È una dinamica emersa nelle settimane in cui Mario Draghi si è messo al lavoro sul Next Generation Ue-“Italy”. È una spirale “intangibile” – quella di un’industria che sembra fidarsi del Governo e viceversa – che può “valere doppio”: soprattutto quando verranno rimossi i divieti di licenziamenti e via via gli ammortizzatori sociali d’emergenza. E a proposito: un terzo dato rilevante dal Veneto, l’occupazione torna a crescere, anche se meno della produzione.
Il New Normal post-Covid sarà senz’altro diverso, profondamente diverso: ma la “battaglia delle imprese” (impegnate a rilanciare la propria competitività internazionale) non è affatto separata dalla “battaglia del lavoro”, o addirittura conflittuale con essa. Anzi: il “buon lavoro” (il “buon reddito”) viene generato anzitutto dalle “buone imprese”. Che la seconda manifattura europea annovera ovunque lungo la penisola.
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