C’è un’immagine che mi torna spesso in mente da quando l’ho vista qualche giorno fa: quella di tanti pannelli di legno che scorrono a coprire l’arena del Colosseo. Ruotati e spostati con un sofisticato sistema di fili e carrucole lungo un telaio, scompaiono lasciando visibili i sotterranei. E poi di nuovo tornano a correre, ordinati e compatti, a formare una piattaforma che ricopre l’area centrale calpestabile. Il progetto, presentato dal ministro della Cultura Dario Franceschini, darà una seconda vita all’anfiteatro romano.
Il Colosseo protagonista del passato e il Colosseo interprete del futuro.
Una metafora perfetta del momento che vive l’Italia intera, tentata di difendersi, chiudendosi in ciò che ha già, aggrappata al già saputo, alla rendita (dove è rimasta), a quello che le è dovuto, sicuro “museo del mondo”, oppure, desiderosa di riprendere in mano la sua anima vitale, curiosa, creativa per provare a svoltare.
Subito il pensiero va alla Roma della burocrazia, alla Roma del potere politico e religioso, alla Roma che guarda passare disillusa quello che le capita intorno. Roma alle prese con i candidati sindaci e con gli argomenti troppo spesso di corto respiro che accompagnano questi momenti, non solo nella Capitale.
Qualche giorno fa ho partecipato a un incontro organizzato dalla Fondazione per la Sussidiarietà in cui il Presidente della Camera di Commercio di Roma, Lorenzo Tagliavanti, ha raccontato lo sforzo che i romani hanno compiuto durante i momenti duri di questi anni. Con la crisi finanziaria del 2008 si sono moltiplicate piccole aziende localizzate, messe in piedi soprattutto da donne, giovani e migranti. In quegli anni sono nate 100 mila imprese sul territorio. Anche durante i mesi di pandemia si è verificata una singolare capacità di adattamento e di resistenza del tessuto del commercio romano. Quelle imprese hanno creato migliaia di posti di lavoro, ma hanno bisogno di innovazione tecnologica e di sostegno finanziario. Hanno bisogno di aiuto, pubblico e privato.
Nello stesso incontro, Francesco Rutelli ha raccontato quanto sta accadendo nel mondo del cinema, settore di cui Roma è la capitale italiana. Solo nell’ultimo anno sono stati aperti 230 set e si sta lavorando alacremente per fare di Cinecittà il più grande hub dell’industria cinematografica in Europa.
Anche in questo caso, le speranze di crescita si stanno realizzando in modo concreto. Come nel comparto del turismo, in grande sofferenza, che è, nello stesso tempo, in grande fermento. Roma si sta preparando all’arrivo dei turisti da tutto il mondo sviluppando nuovi percorsi, mixando ingredienti diversi imposti dal bisogno di sicurezza alle opportunità offerte dallo sviluppo tecnologico.
L’impressione è che, sotto il dramma deflagrante di questa ultima crisi imposta dal Covid, si stiano vedendo i segni di una diversa coscienza di se stessi, si stia riscoprendo un’energia sopita da tempo e nuove capacità di fare e inventare.
Il passaggio d’epoca però richiede un cambio di passo radicale: quello dalle astrazioni, dalle ideologie, alla concretezza di ciò che accade, all’entrare nel merito di ciò che c’è.
È stato evocato il concetto di “secondarietà”: Roma è seconda, nel senso che è portatrice di una cultura che la precede e, allo stesso tempo, sa integrare ogni apporto esterno, sociale, culturale e politico.
Per questo è importante che si diffonda una cultura di sussidiarietà che sappia guardare e cogliere la vitalità che emerge, senza fermarsi al racconto mediatico che quotidianamente si fa, sulla capitale e sul Paese.
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