Un Dio così vicino da far paura

In fondo non crediamo davvero che Dio sia presente, in mezzo a noi. D'altro canto ci credevano poco pure gli apostoli. Nonostante Lui si faccia presente con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo

Niente da fare: gli Undici – gli antenati dei cristiani d’ogni tempo – non son proprio capaci di gioire. La Croce dev’essere stata una smaccata così deleteria se nemmeno i cinquanta giorni d’apparizione del Risorto e lo Spirito Santo sono riusciti a togliere in loro l’amarezza della sconfitta. Certo che in qualcosina sono migliorati, o almeno si sforzano, forzando la loro volontà di dubitare: “Quando lo videro – scrive l’evangelista – si prostrarono“. Tipo quando si entra in chiesa: si fa la genuflessione (in automatico), ma non per questo si crede veramente che nel tabernacolo ci sia il Cristo. Lo credessimo davvero, stramazzeremmo a terra dall’eccitazione. Niente di nuovo sotto il sole. Si comportò così la prima Chiesa: s’inginocchiarono ma – specifica Matteo – “però essi dubitarono“.

Un gesto di facciata? Ci mancherebbe: è l’attestazione, da replicarsi nei secoli futuri, che credere alla gioia è immensamente più difficile di credere alla sfiga, alla jella, al dolore e alle sue mattanze. Avessero detto loro: “Tutto finito, è finita proprio come dicevano tantissimi” loro, forse, ci avrebbero creduto. Non erano pronti a credere che Lui la promessa l’avrebbe mantenuta. Per Cristo, da sempre, la più grande dichiarazione d’amore che conosceva è la presenza. Dio galantuomo.

La vicinanza di Dio spaventa assai. Ha sempre inquietato l’uomo se, già dall’inizio, Dio aveva chiesto ad Israele – tramite Mosè – di pensarci due volte prima d’andare a spellarsi le ginocchia genuflettendo di fronte ad altri dei: “Vi fu mai una cosa grande come questa? Che un popolo abbia udito la voce di Dio parlare dal fuoco, come l’hai udita tu, e rimanesse vivo?” (Dt 4,33). Già d’allora la Trinità Santissima mostrò di sapere come funziona il cuore: non c’è gioia più grande nella vita se non quella d’essere amati. Nel nome del Padre, del Figlio, dello Spirito Santo è l’incipit di migliaia d’orazioni del popolo cristiano. Non sono tre alleati che hanno messo su cooperativa tra di loro, ma tre persone che sono la medesima. “Hai visto come si è fatto in quattro per darti una mano?” dice ogni tanto la gente quando qualcuno, forte di cuore, compie gli straordinari per aiutare qualche altro. La Trinità, invece, s’è fatta in Tre per stare in mezzo al popolo che si è scelto. Poteva inventarsi chissà quale altra magia e sarebbe stato poco più che una creduloneria: ha scelto la presenza come la sua grammatica preferita. Una presenza che dice interesse – “M’interessi!” –, la cura, l’apprensione: il suo contrario non è l’assenza ma una distratta presenza. Uno scarso interesse. Dio, invece, s’è fatto-in-Tre per noi: è gioia difficile da credere.

Gli Undici non smettono di tentennare: “È Lui davvero? Siamo in grado di farcela a portare avanti la baracca? Il mondo ci crederà?”. Lui, da parte sua, non molla la presa: “Smettetela con questa storia delle rotelle della bicicletta – sembra rimbrottarli – Vi ho detto che ve le ho smontate perché è ora d’imparare a pedalare. Tanto sapete che, in caso d’emergenza, ci sono io. Non cadrete!”. Il Vangelo, ovviamente, lo dice alla sua maniera. Imprime un’accelerata a quella ciurma di dubbiosi cronici: “Andate (…) nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo” (cfr Mt 28,16-20). È dire: usate pure le nostre credenziali perché il mondo vi creda e s’aggreghi alla tribù dei discepoli. Chiaro che c’è paura, tremolìo, batticuore e pure un pizzico d’ansia. Per questo la Trinità non li manda allo sbaraglio, non è sua intenzione farli sfigurare davanti al mondo, nemmeno che vadano a rotolare giù per qualche dirupo. Per questo aggiunse: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo“. Dice che sarà sempre con loro, dunque con noi: a noi stupisce chi fa sembrare semplici le cose difficili, tipo esserci. Loro Tre, invece, si sono-fatti-in-Tre per coprire il maggior numero di cuori possibili. Per dare loro appuntamento nella gioia: “Ti aspetto con gioia come se tu fossi un intero paese completamente nuovo. Ti aspetto sul confine tra me e te” (M. Cvetaeva).

Peccato che la vicinanza di Dio spaventi ancora (un po’) troppo i cristiani.

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