Cresce giustamente la preoccupazione per la situazione che si verificherà con lo sblocco dei licenziamenti. L’ipotesi prevalente è quella di procedere in modo graduale e per settori. Nel breve periodo si tratterà di “riavviare” la macchina cercando il giusto equilibrio tra bisogno di assistenza e rilancio dell’imprenditorialità; tra flessibilità e tutele del lavoro; tra sostegno ai comparti ad alta intensità occupazionale e settori a minore intensità ma più tecnologicamente avanzati.

Pensando però al lungo periodo, cioè ai giovani di oggi, bisognerà fare un ulteriore e più deciso passo in avanti, nella consapevolezza che il capitale su cui investire, ma anche quello da redistribuire, è il capitale umano, cioè la conoscenza. Un sistema di istruzione di alta qualità, che permetta a tutti di compiere un percorso di emancipazione, da una parte, e un dialogo attento tra mondo della scuola e del lavoro, dall’altro, dovranno essere gli obiettivi verso cui tendere se non vogliamo che il sistema-Paese in cui vivranno i nostri figli rimanga in mezzo al guado.

Queste sono le premesse a cui si ispirano le due proposte di legge presentate dall’Intergruppo parlamentare per la sussidiarietà sul tema dell’istruzione.

Com’è emerso martedì nell’incontro di presentazione del libro Viaggio nelle character skills, alla presenza del ministro dell’Istruzione Bianchi e dei firmatari della legge dell’Intergruppo, fenomeni come gli abbandoni scolastici, la disaffezione alla scuola, lo scarso orientamento verso il mondo del lavoro, la mancanza di investimento in formazione continua e di alto profilo sono le note dolenti a cui porre rimedio attraverso la valorizzazione della professionalità degli insegnanti, da una parte, e l’incentivo alla qualificazione professionale dall’altra.

La prima proposta di legge – relatore l’on. Lattanzio – riguarda la promozione delle competenze non cognitive nelle scuole di ogni ordine e grado dall’anno scolastico 2023/24, mediante due strumenti. Innanzitutto la formazione iniziale e continua dei docenti, con il coinvolgendo l’Indire, l’Invalsi, le università e gli enti accreditati attraverso un finanziamento dal Pnrr fino a 1,5 milioni di euro. Secondariamente si prevede una sperimentazione per individuare le competenze non cognitive più significative, le buone pratiche relative alle metodologie e ai processi di insegnamento e i criteri e gli strumenti per la loro rilevazione e valutazione. Si specifica, inoltre, che per l’attuazione della sperimentazione le scuole utilizzano le risorse dell’organico dell’autonomia senza ore di insegnamento eccedenti e si prevede il coinvolgimento della famiglia.

Il tema della formazione continua sul lavoro riguarda la seconda proposta di legge. Il livello di “disallineamento” tra domanda e offerta di lavoro nel nostro Paese è particolarmente alto e riguarda la difficoltà a fornire quella specializzazione necessaria ai manager delle imprese per poter guidare i processi di cambiamento in atto. Ad esempio, negli Stati Uniti è comune il fatto che giovani laureati avviati a carriere apicali nei primi anni lavoro frequentino di sera e nei fine settimane master e dottorati in università finanziati dalle stesse imprese. In Italia questo investimento in capitale umano non è in alcun modo incentivato. Anche se è ormai dimostrato che il salto di produttività non dipende solo dalle attrezzature, ma dalla qualità della formazione dei lavoratori, le imprese possono giustamente ammortizzare la nuova tecnologia (vedi legge Calenda), ma non possono fare altrettanto se mandano a studiare i loro giovani lavoratori.

L’obiettivo della seconda proposta di legge dell’Intergruppo è quindi quella di dare la possibilità alle imprese di formare i dipendenti con qualifiche di alto livello attraverso master e percorsi di specializzazione e perfezionamento, in Italia e all’estero. I soggetti titolari di reddito di impresa, indipendentemente dalla forma giuridica, dalla dimensione aziendale e dal settore economico in cui operano, che effettuano spese in attività di formazione professionale di alto livello, potranno godere di agevolazioni fiscali. Le attività di formazione interessate sono quelle legate allo sviluppo di nuove tecnologie e all’approfondimento delle conoscenze delle tecnologie previste dal Piano nazionale industria 4.0. Tra queste: big data e analisi dei dati, cloud e fog computing, sicurezza cibernetica, sistemi cyber-fisici, prototipazione rapida, sistemi di visualizzazione e realtà aumentata, robotica avanzata e collaborativa, interfaccia uomo macchina, manifattura additiva, internet delle cose e delle macchine e integrazione digitale dei processi aziendali. L’aspetto qualificante della proposta di legge è che le imprese potranno accedere al beneficio in maniera automatica in fase di redazione del bilancio e tramite autocertificazione.

Non servirà certamente solo questo provvedimento a contrastare il “mismatch” tra domanda e offerta di lavoro, ma certamente l’esempio virtuoso può esser l’inizio di un’inversione di tendenza. Per i Paesi sviluppati la conoscenza vale per il Pil quanto e più che le infrastrutture: occorre cominciare ad accorgersene per non rimanere una volta di più al palo nonostante tutti i Pnrr del mondo.

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