Il G7 che si è svolto nei villaggi di pescatori della Cornovaglia è servito al Primo ministro britannico per promuovere una piacevole destinazione del turismo nazionale. Obiettivo importante per la ripresa economica del Paese, talmente importante da tradursi in ostacoli per i cittadini britannici a recarsi in Spagna e Italia: meglio in Cornovaglia che a Palma di Maiorca o in Sardegna. Questo è quanto ottenuto da Boris Johnson come anfitrione della riunione del G7, insieme a una tirata d’orecchie da Joe Biden per la sua resistenza ad attuare ciò che aveva concordato sull’Irlanda del Nord con l’Ue nell’accordo sulla Brexit.
I tempi di un Presidente degli Stati Uniti al fianco del nazionalismo britannico nei confronti dell’Ue sembrano fortunatamente passati. Biden ha reso reale quel “America is back” con cui ha iniziato qualche giorno fa il suo giro per l’Europa. Il Presidente Democratico corregge l’isolazionismo di Trump, cerca l’appoggio dei suoi alleati occidentali, dell’Ue e della Nato, per due dei suoi obiettivi strategici in politica estera: sottrarre forza all’espansione cinese e cercare di mettere la Russia e Putin al loro posto. La Russia di Putin è un Paese malato economicamente per la sua dipendenza dal gas e dal petrolio, sempre più autoritario e impegnato a destabilizzare mezzo mondo con le sue pretese egemoniche. È difficile capire come in Europa alcuni lo possano considerare un alleato appropriato.
“America is back” e Biden hanno reso più facile per il G7, un organo non di governo ma di discussione e coordinamento delle politiche mondiali, raggiungere un’agenda comune. Il virus ha sancito ciò che già sapevamo: la globalizzazione richiede entità sovranazionali di peso e, quindi, ben venga un rafforzamento del G7 e del G20.
I Paesi più ricchi del mondo integrati, con un Presidente statunitense tradizionale come Biden che esercita una certa leadership, paiono aver ritrovato la rotta che avevano perso dal 2008. È una buona notizia che il G7 abbia puntato, di comune accordo, su grandi pacchetti di stimoli fiscali, su un’aliquota minima del 15% sulle società (nel capitalismo digitale ci sono troppi paradisi fiscali e troppe aziende che guadagnano molti soldi e non pagano imposte) e che si sia dimostrato fermo (pur con reticenze) nel rispondere all’espansionismo cinese. Tutto questo non è però sufficiente per rispondere in questo momento alla grande sfida che pone la pandemia. Possiamo uscire da questa peste con un mondo ancor più diseguale.
Da alcuni decenni nel pianeta si stava riducendo significativamente il numero di persone che vivono con meno di un euro al giorno, il numero delle persone in povertà estrema. Negli ultimi trent’anni si era ridotto alla metà, ma la tendenza si è invertita e negli ultimi mesi i poveri sono aumentati di 100 milioni. I poveri sono quelli che soffrono maggiormente per il Covid, perché non si possono isolare, perché non possono smettere di lavorare quando sono malati, perché vivono in Paesi con sistemi sanitari molto fragili.
La soluzione per affrontare la miseria causata dal Covid è la stessa per i Paesi poveri come per quelli ricchi: bisogna vaccinare e bisogna avviare programmi per stimolare l’economia, come quelli posti in atto negli Stati Uniti e in Europa.
Il vertice del G7 ha promesso di donare un miliardo di dosi ai Paesi con meno risorse, un passo in avanti dopo che né gli Stati Uniti, né il Regno Unito avevano esportato vaccini, pur vaccinando nelle ultime settimane anche la popolazione non a rischio. La cifra continua però a essere insufficiente, dato che gli esperti stimano in 11 miliardi le dosi necessarie per raggiungere l’immunità del pianeta. Senza questa immunità generale, il mondo non tornerà a essere quello che era. In Africa, solo lo 0,6% della popolazione è immunizzata.
Vaccini e denaro. I piani multimilionari di stimolo in Occidente sono fondati sulla capacità che abbiamo di indebitarci. Nei Paesi più avanzati stiamo spendendo tra il 15% e il 20% del nostro Pil per la ripresa; nei Paesi in via di sviluppo la percentuale è tra il 2% e il 6% del Pil. Dopo la Seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti crearono il Piano Marshall per aiutare la ricostruzione dell’Europa e per frenare l’espansione del comunismo. Gli effetti del Covid assomigliano molto a quelli di una guerra e la minaccia dell’espansione di ideologie antidemocratiche non è inferiore a 75 anni fa. Non c’è che da guardare a ciò che sta succedendo negli ultimi mesi in America Latina, dove il vecchio e il nuovo populismo tornano a montare.
O ne usciamo insieme o non ne usciamo.
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