“In Lombardia le competenze digitali di base, le connessioni veloci e le tecnologie avanzate adottate dalle imprese hanno consentito, in misura più ampia che nel resto del Paese, il proseguimento in parte delle attività lavorative e produttive, di quelle legate all’istruzione, e la fruizione dei servizi finanziari da parte dei cittadini, con un intenso ricorso alle connessioni da remoto e al lavoro agile”. È forse il passaggio chiave di “L’economia della Lombardia”, uno dei rapporti regionali annuali che la Banca d’Italia sta rilasciando come d’abitudine dopo le Considerazioni finali del Governatore Ignazio Visco. E il focus sulla digital & knowledge economy appare molto più una raccomandazione utile alle recovery policy nel futuro immediato piuttosto che una semplice analisi di un pur straordinario passato prossimo.

La resilienza della Lombardia all’urto del Covid è stata molto impegnativa anche sul fronte economico: l’impatto negativo sul Pil regionale 2020, segnala il rapporto citando Prometeia, è stato del 9,4%, leggermente più pesante rispetto alla media nazionale. Ma osservando grafici e tabelle – che abbinano le curve dei contagi e i trend economico-finanziari – è evidente che il “rosso scuro” della pandemia non si è trasferito completamente sull’Azienda-Lombardia. Le cose sarebbero potute andare molto peggio: avrebbe potuto essere più profonda la china da risalire.

Gli economisti di via Nazionale sono ricchi di dettagli nel segnalare le ferite lasciate dal Covid nel tessuto produttivo lombardo. Nel mercato del lavoro è spiccato il calo di coloro che si dichiarano in cerca di occupazione: preoccupante tanto quanto i netti decrementi dei jobs attivi e delle assunzioni. Nelle imprese manifatturiere è entrata in panne la dinamica degli investimenti: proprio quando lo svecchiamento del parco-macchine – sia sul versante tecnologico che ecologico – stava consolidando le cifre di una tendenza. Le famiglie lombarde hanno ridotto i loro consumi più di quanto siano calati i loro redditi. La caduta dell’export regionale (-10%) è stata superiore alla decelerazione temporanea della domanda da parte dei principali partner commerciali della Lombardia. Ma tutto questo non ha “ucciso” la Lombardia e – con speranza ragionevole – appartiene al passato.

Nel frattempo la sola nota indubitabilmente positiva del rapporto – il boom dei servizi di finanza digitale – sembra valere il doppio, in orizzonti più generali. Per Bankitalia il dato segnala chiaramente una “accelerazione” di natura strutturale: il sistema bancario – che rimane una industry importante nel sistema-Lombardia – ha continuato a investire in fintech e ha garantito efficienza e flessibilità ai circuiti intermediari anche durante i periodi di lockdown più stretto. Ora alle banche è affidato ancora il compito di valorizzare questa “transizione digitale” messa in atto in piena emergenza prima che il Pnrr ne facesse poi una direttrice portante della Recovery italiana. Passerà certamente attraverso le banche – in riorganizzazione veloce – lo scongelamento delle centinaia di miliardi di depositi bancari in cui è ancora compressa la fiducia di famiglie e imprese. 

La strada è tracciata: tutti devono investire – risorse finanziarie ma soprattutto “capitali umani”, individuali e collettivi – sulla transizione digitale. È l’ora della resilienza attiva: e la Lombardia non può non esserne un grande laboratorio (europeo).

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