La verità non ha bisogno di fortezze

Quello che scriveva von Balthasar quasi 70 anni fa è ancora oggi molto attuale: il cristianesimo non ha bisogno di fortezze e bastioni

Quasi settant’anni fa, il teologo più colto e forse più originale del XX secolo, Hans Urs von Balthasar, ritenne necessario scrivere un libro intitolato Abbattere i bastioni. Agli inizi degli anni ’50, in una parte importante del cattolicesimo, era dominante la sensazione che la Chiesa fosse una fortezza assediata da una modernità anticristiana dalla quale era necessario difendersi. A quei tempi, metà Europa era sotto la dominazione comunista. I cattolici erano limitati dalla paura della falce e martello, una paura che, in larga misura, era dominante a Roma. Perciò il libro, come altre opere del pensatore svizzero, fu un lavoro profetico: Balthasar invitava a non aver paura del mondo.

Poco a poco si cominciò a capire che il mondo moderno poneva una provocazione appassionante perché il cattolicesimo recuperasse il meglio della sua tradizione e della sua esperienza, più moderne della modernità. Un’occasione, per esempio, per capire che la verità può essere accolta solo attraverso la libertà. Una formidabile opportunità per disfarsi delle viscosità della teologia politica per tornare all’esigenza evangelica di dare a Dio quello che è di Dio (tutto) e a Cesare quello che è di Cesare.

Balthasar per fortuna non era solo. In quegli anni, altri indicarono che un’esperienza di fede sana è caratterizzata dal non trasformare il cristianesimo in una serie di posizioni da difendere, dal non porsi di fronte al nuovo come antitesi, dalla sua capacità di assumerlo, valorizzarlo e salvarlo.

È perciò sorprendente che vi sia chi si impegna ora nel costruire nuovi bastioni, opzioni per ritirarsi dal mondo per vivere senza menzogne. È sorprendente che vi sia chi denuncia un destino di persecuzione dell’ideologia dominante verso il cristianesimo in Europa e in America. Quando uno visita l’Egitto, la Siria, la Nigeria, il Pakistan, per citare alcuni Paesi, arriva alla conclusione che in Occidente i cristiani sono lontani dal subire una persecuzione. La facilità con cui si parla degli attacchi al cristianesimo in Occidente da parte di un presunto sistema totalitario, paragonandolo al sistema sovietico, riflette una mancanza di rigore e visione. Parlare di totalitarismo morbido è un’irresponsabilità che alimenta il vittimismo. Qui non ci sono leggi contro la blasfemia, né il jihadismo ha un ruolo determinante, né c’è un progetto neo-maoista con potenti sistemi di controllo digitale. Sarebbe interessante, d’altra parte, imparare alcune cose da quei cristiani che sono realmente perseguitati, hanno molto da insegnarci.

Si parla molto dell’oscurità, del male di questi tempi: erano altrettanto brutti i tempi nel primo secolo. Non c’era una ideologia woke, ma c’erano un sincretismo potente e un mitraismo, una religione misterica, quasi egemonico. Non si sa di nessun cristiano dei primi tempi che si stracciasse le vesti perché nelle scuole, nel foro, nel teatro si insegnavano modi di vedere il mondo apertamente contrari alla fede. Erano tempi in cui i bambini indesiderati si gettavano nel Tevere, nei quali il potere era quasi tutto, ed era obbligatorio compiere sacrifici davanti alla statua dell’imperatore. La ragione andava perduta senza la compagnia del dolce Verbo. Perché ci meraviglia? Pensare che in questo XXI secolo le cose debbano essere diverse vuol dire essere fuori della storia, continuare a scandalizzarsi del fatto che la fede non sia politica, culturalmente o moralmente egemonica. Uno scandalo che ignora che il cristianesimo è la fede dei perseguitati.

È necessario vivere nella verità, certamente, ma per farlo la cosa più controproducente è fuggire dal mondo, ritirarsi in una vita comunitaria che serva come rifugio dagli attacchi di un “secolo perverso”. C’è un solo modo per vivere nella verità: verificare se, condividendo la vita comune, la fede è capace di accogliere tutto il desiderio positivo, tutta la ferita che c’è nelle questioni di genere e di identità che segnano il nostro tempo. Si vive nella verità solo quando la verità, con la sua evidenza, si impone in ogni circostanza. La verità non ha bisogno di fortezze. Se la fede in Occidente cerca rifugio e si pone sulla difensiva, se non è capace di accogliere il nuovo per trasformarlo, sparirà.

Abbattiamo, nuovamente, i bastioni e andiamo incontro all’uomo del XXI secolo, senza paura, con l’allegria di un cristianesimo che è avvenimento di grazia capace di abbracciare e redimere tutto. La secolarizzazione è un’occasione perché si dispieghi la bellezza della fede. Non conviene perderla entrando in bunker dove l’aria diventa sempre pesante.

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