Il gioco delle date ha consentito a Ignazio Visco di giocare d’anticipo sulle Raccomandazioni economiche di primavera da parte dell’Ue.

Il Governatore della Banca d’Italia ha potuto utilizzare le Considerazioni finali nella loro funzione classica: di  fotografia fedele della situazione nazionale, anche nei suoi dettagli scomodi; e di pungolo mirato alle autorità di governo, anche se nel caso peculiare si è trattato di di un appoggio convinto a Mario Draghi, l’ex governatore di Bankitalia e Bce che oggi guida l’esecutivo di unità nazionale.

Non c’è dubbio anche sia stato “Draghi-oriented”, quindi attento all’europeismo più autentico incarnato dal Premier, anche il capitolo che Visco ha voluto appositamente riservare al ritorno dell’intervento pubblico nell’economia. È stato quasi didascalico, il Governatore, nel rammentare che “già prima della pandemia la spesa pubblica al netto degli interessi ammontava in Italia al 45 per cento del Pil”.  C’era prima del Covid e rimane ora in misura enfatizzata un problema di “efficienza nell’uso di risorse così ingenti”: a maggior ragione nella prospettiva Recovery. E rimane in Italia un problema di “capacità di reperire le risorse con strumenti meno distorsivi”. Su tutti i fronti dell’intervento pubblico – vecchio e nuovo, sul fronte del finanziamento e quello dell’impiego – “sono ampi i margini di miglioramento: nella qualità delle infrastrutture e dei servizi pubblici; nella distribuzione del prelievo fiscale, resa iniqua da ampi fenomeni di evasione ed elusione; nell’efficacia della rete di protezione sociale, frammentata dalla stratificazione degli interventi normativi”. Quindi: nel sistema-Italia la pressione fiscale resta alta e la produttività dello Stato come gestore diretto di metà dell’economia è ancora bassa (è atteso che lo ri-sottolinei l’Ue, assieme all’allarme rafforzato sul debito pubblico).

La grave recessione generata dalla pandemia ha dunque ridato centralità all’azione dello Stato sia negli interventi di emergenza a favore di famiglie e imprese, sia nel disegno e nell’attuazione di una strategia per la ripresa. Ma non è certo questo il momento – ha detto il Governatore – per “confondere la necessità di uno Stato più efficace nello svolgere le funzioni che già ora gli sono affidate con quella di estenderne i compiti”. L’esperienza storica suggerisce invece che la produzione pubblica di beni e di servizi di mercato porta con sé rischi non trascurabili di “fallimento dello Stato”, soprattutto se l’impresa pubblica viene sottratta alla disciplina dei meccanismi concorrenziali o se non è accompagnata da regole e presidi istituzionali che ne garantiscano responsabilità e autonomia di gestione.

Tutto questo premesso rimane oltremodo “fuorviante” la contrapposizione tra Stato e mercato (continua nel dopoguerra in Italia ed Europa): essi sono invece “complementari”, ha ribadito Visco. Un’economia sana ha bisogno di entrambi: di buone regole, servizi pubblici di qualità e interventi in aree in cui i rendimenti sociali sono alti, ma l’attività privata è insufficiente, così come di imprese dinamiche e innovative, in grado di valorizzare il lavoro ed essere premiate per la qualità della loro produzione. E questo ha condotto le Considerazioni ad additare lo sviluppo della sussidiarietà nel cammino di ripresa: a sostenere anche “le molte organizzazioni che nel mondo contemporaneo, e sempre più nel nostro Paese, agiscono senza fini di lucro, spesso grazie al lavoro volontario, per il perseguimento del benessere”.

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