Ti te se no: la vacanza metafora della vita

La vacanza può essere una metafora della vita, un’esperienza che aiuta a maturare un giudizio utile in questa possibile ripartenza

La settimana scorsa ho partecipato a una stupenda vacanza in montagna con circa 400 persone tra giovani e bambini piccoli. Cosa fa di una bellissima esperienza personale un fatto di rilevanza pubblica tale da darne conto in questa sede?

Lo fa capire ciò che scrive uno di questi giovani amici, Francesco Ballerini, economista, 30 anni, sposato e padre di un bimbo piccolo, che era insieme a lui e alla moglie in questa vacanza. Pur dolorosamente segnato dai disagi della pandemia, da tanti altri problemi e dalla morte prematura per Covid-19 di don Anastasio, suo amico e maestro (come di tanti in questa vacanza), Francesco ha scritto: “La domanda più comune e semplice al mondo quando cerchiamo qualcosa, è ‘perché?’. Una piccola parolina innocua che chiede un significato a tutto ciò che vediamo e viviamo. Addirittura, proprio come fanno i bambini, potremmo porre questa domanda all’infinito, quasi come un gioco. Perché, perché, perché… Perché son felice? E perché ci sono le nuvole? E perché questo formaggio non ha un bell’aspetto? E perché c’è una strega? E perché mio papà assomiglia a un castoro? Guardando certe facce è evidente che ci sia un presentimento, una piccola scintilla di vero nei loro interrogativi. Come se qualcuno gli stesse venendo incontro, correndo. E questo rende più coraggiosi, audaci, folli e speranzosi. Eppure, la frase ‘lo farebbe anche un bambino’ è proprio ciò che rende difficile il lavoro. Ci distraiamo, ci sbagliamo, ci soffermiamo su successi e insuccessi, dubitiamo e molto spesso rimaniamo addormentati… Anche se la doppia tazza di caffè non la puoi negare a nessuno. Tutto qui? È così facile perdersi e arrancare nella salita e scottarsi con la vita? Anche con gli amici e in mezzo alle montagne più belle del mondo? Aimè, penso proprio di sì! Ma non è di certo un punto, una parola fine…



Capita infatti che spalancando bene bene gli occhi di mattina, o coprendosi con gli occhiali da un raggio troppo forte, si possano scorgere tra laghetti e pratoni dei fatti così straordinari che ci lasciano di nuovo a bocca aperta. Ecco l’imprevisto! Ecco un nuovo inizio!

E allora le facce attorno a me riprendono vita. Ciascuna diversa, ma unica a modo suo.



Chi più bello e chi non proprio un modello,

Chi per la prima volta e chi da mai troppe volte,

Chi passione sterminata e chi solo una passeggiata,

Chi guida sicura e chi segue in scia.

Per aiutarsi ogni giorno a scalare le montagne della speranza alla ricerca della meta. Perché è proprio vero che una storia particolare diventa la chiave di volta di tutto. Per tutti”.

La vacanza può essere una metafora della vita, un’esperienza che aiuta a maturare un giudizio utile in questa possibile ripartenza, non solo nella vita privata ma anche in quella pubblica.

È possibile ricominciare positivamente per quel “cuore urgente” reso più capace di riscoprire la bellezza della vita dopo e attraverso ogni contraddizione. Come cantava Enzo Jannacci nella sua canzone “Ti, te sé no”, in dialetto milanese, colonna sonora del film “La vita agra”, girato nel 1964 da Carlo Lizzani. Incurante del boom economico e dell’egoismo di tanti benestanti, anche se povero, si sentiva un “sciur”, un signore perché ricco della capacità di amare. Così Enzo cantava:



“Ti, te sé no… ma quand mi te caressi

la tua bèla faccetta inscì nètta, me par

me par de vèss un sciúr;

un sciúr ch’el gh’ha la radio

noeuva e, nell’armadio,

la torta per i fieu

che vegn’in cà de scola…”

(Tu non lo sai, ma quando ti accarezzo il visino, così pulito, mi pare di essere un signore; un signore che ha la radio nuova e nell’armadio la torta per i bambini, che vengono a casa da scuola…).

È la forza che ognuno di noi ha, anche quando non lo sa, anche quando le ombre sembrano dominare e il Covid-19, la disoccupazione, i lutti e le vicende dolorose e le difficoltà di ogni genere, personali e collettive, sembrano travolgerci. C’è solo una duplice condizione, valida qualunque sia la nostra situazione personale, sociale, professionale, anche quando fossimo persone importanti che decidono le sorti di un’azienda, di un Paese, del mondo. Abbiamo bisogno di amici che ce lo facciano riscoprire e abbiamo bisogno di ascoltarli.

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