Dall’ombrellone alla fabbrica e alla scuola è un attimo. Ferragosto è già ieri; tempo pochi giorni e saremo a fare i conti con la questione immediata, che si può chiamare ripresa (del lavoro, della scuola); la quale però, non illudiamoci, è inscritta in una questione di lunga gittata, che si può ben chiamare ricostruzione. Il Covid ha creato problemi inediti, ma anche messo alla prova il nostro sistema paese e messo a nudo le magagne preesistenti: per esempio l’arretratezza in istruzione e ricerca, infrastrutture, digitalizzazione. Esserne consapevoli o meno fa la differenza. Per tutti, e certamente anche per le forze politiche. Ora, mentre – a giudizio di chi scrive – abbiamo un buon governo e un Quirinale ineccepibile, i partiti non sembrano per lo più aver imparato la lezione, in preda a crisi adolescenziali, all’inseguimento di battaglie di piccolo cabotaggio.
La cosa è tanto più preoccupante in questo periodo di semestre bianco (iniziato il 3 agosto), nel quale non si possono sciogliere le Camere e quindi, ipoteticamente parlando, i partiti possono litigare sulla scelta del prossimo capo dello Stato o su qualsiasi altra cosa senza correre il rischio di lasciare i loro parlamentari senza stipendio. Comunque sarebbe meglio per tutti liberarsi dalle adolescenziali ubriacature del “nuovo che avanza” e dell’“uno vale uno”, per disporsi invece a guardare il futuro senza la presunzione di fare piazza pulita del passato. Non per copiarlo, ma per imparare.
A proposito di ricostruzione, è stato autorevolmente definito Ricostruttore il nostro Padre della Patria, o almeno della Patria repubblicana, che è Alcide De Gasperi. Ha ricordato questa definizione, coniata da Igino Giordani come titolo di una sua pubblicazione nel 1955, l’attuale ministra della Giustizia Marta Cartabia, un anno fa, quando era presidente della Corte Costituzionale, nella sua Lectio magistralis in occasione dell’anniversario della morte del grande statista (anniversario che cade il 19 agosto). La sua è una testimonianza insuperata di cui ha senso fare tesoro adesso. In particolare, si possono tentativamente e in maniera molto sommaria individuare quattro capisaldi, quattro grandi sintesi.
1) Realismo e Idealità. Due doti – sottolineate anche nella lectio della Cartabia citata – non solo giustapposte, ma connesse una all’altra. Il motivo ideale dell’azione è in lui generato e alimentato dall’educazione cristiana e dispiegato nell’affermazione operosa della inviolabile dignità della persona; il realismo scaturisce dal desiderio di servire la persona e il bene comune, senza mai sacrificarlo a un’ideologia. La vita è dedizione a qualcosa di più grande di sé e delle proprie organizzazioni. De Gasperi è stato in galera sotto il fascismo ed ha avuto sempre una vita privata umile e modesta da capo del governo.
2) Stato e Comunità. Lo Stato adempie il suo fine non assorbendo ma servendo la società, cioè il vario e libero articolarsi delle attività in forme associative di base, non frammentate in egoismi settoriali ma appunto convergenti in una Comunità. È questo il fondamento sostanziale della democrazia. Giorni fa, il politico di lungo corso e banchiere Giuseppe Guzzetti ha ricordato questo giudizio di De Gasperi: “Una democrazia rappresentativa, espressa dal suffragio universale, fondata sulla fraternità”.
3) Partito e Corpi intermedi. L’idea degasperiana è di un partito che oggi chiameremmo leggero, il cui compito è di riconoscere i corpi intermedi e attrezzarli di una rappresentanza politica parlamentare. È noto che nella Democrazia cristiana prevalse la visione fanfaniana di un partito di massa sul modello leninista, fortemente organizzato e gerarchizzato e articolato in modo da comprendere e riferire a sé tutti o quasi gli aspetti del vivere sociale.
4) Patriottismo ed europeismo. De Gasperi ha difeso decisamente gli interessi nazionali e il senso di appartenenza a una patria e nello stesso tempo, con altri grandi come Adenauer, Schumann, Spinelli, ecc., riteneva coessenziale stabilire un nuovo tipo di relazioni pacifiche tra le nazioni europee che iniziasse rimuovendo cause di conflitto armato quali le materie prime, e divenisse non solo spazio di libero mercato economico ma anche, appunto, comunità di popoli.
Sicché: dignità della persona, cominciando dalla persona del lavoratore (vedi anche il tema del Meeting di Rimini di quest’anno); valore delle esperienze e della partecipazione popolare, quindi sussidiarietà (e non populismo); senso di appartenenza a una patria e insieme a una comunità più ampia, ricca di valori umanistici e civili, che cresce in democrazia al suo interno e in unità e coscienza storica, in modo da provare ad essere un’indispensabile protagonista sulla devastatissima e preoccupante scena globale.
Ecco, De Gasperi aiuta a considerare un’impresa difficile ma più nobile e bella che piantare bandierine.
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