È stato un anno fa a Rimini che Mario Draghi ha iniziato la sua missione di Premier italiano: assumendosi la responsabilità – prima civile che politica – di indicare al suo Paese la exit corretta dalla difficilissima crisi socio-economica portata dalla pandemia. È stato al Meeting 2020 che ha offerto al servizio del Paese una credibilità personale alla fine unica in Italia: per ricucire un tessuto istituzionale lacerato sia in Parlamento che nel Governo, una “crisi nella crisi” che il presidente della Repubblica non ha potuto che affidare alle mani di Draghi. Ma nel frattempo “l’italiano d’Europa” aveva già regalato a una Ue altrettanto frammentata e incerta il manuale d’istruzioni del Recovery Plan.
Di fronte a una sfida eccezionale posta dal Covid era evidente già a metà 2020 la necessità di imboccare “whatever it takes” la via dell’indebitamento pubblico eccezionale: naturalmente ristrutturato a livello Ue; ben regolamentato ma agile e aperto ai mercati; soprattutto: finalizzato a sostenere in chiave post-pandemica la NextGenerationEu. In una parola – quella risuonata forte da Rimini – a tutti i Paesi membri dell’Europa serviva “debito buono”. Per affrontare un’emergenza sanitaria globale di cui sono noti da sempre – dalle pesti medioevali alla “spagnola” di un secolo fa – i lunghi tempi di superamento Per impostare da subito un rimbalzo non solo congiunturale dalla grave recessione del 2020/21: per cambiare l’economia nel binario compreso fra la transizione digitale e quella ecologica.
Senza quell’impegno proclamato a Rimini da Draghi, il Consiglio Ue non avrebbe costruito fino in fondo il Recovery Fund, rendendone irrevocabile la strategia. Senza l’assunzione istituzionale diretta di quell’impegno da parte di Draghi alla presidenza del Consiglio l’Italia non avrebbe potuto elaborare e presentare alla Commissione Ue un Pnrr degno di questo nome, sia sul versante politico interno che su quello tecnocratico comunitario.
Senza l’impegno subito praticato nel riorganizzare in tempo reale la campagna vaccinale in Italia l’epidemia non sarebbe stata imbrigliata dopo la terza ondata. Senza l’impegno di Draghi i primi 25 miliardi dall’Europa non sarebbero già arrivati, mentre lo spread è sotto quota 100. Senza Draghi al Meeting 2020, a Rimini 2021 difficilmente metà Governo avrebbe potuto intervenire aprendo agende già fitte di altri impegni. E per l’Intergruppo per la Sussidiarietà sarebbe stato quasi improbo testimoniare una ritrovata salute della dialettica parlamentare, del primato della politica in democrazia.
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