Quella che volge al termine è senz’altro un’estate unica, un’estate che in tanti vorrebbero non finisse mai: la nostra economia galoppa a ritmi inediti, il turismo ha toccato numeri che non si registravano da decenni, il senso di oppressione e di sacrificio che animava un paese stanco di chiusure ha lasciato spazio ad uno spirito di ritrovata libertà in una sorta di “terzo dopoguerra” fatto di musica, spensieratezza e allegria. Nessuna notizia è dunque riuscita a minare la voglia di vivere, di muoversi e di stare insieme che ha rappresentato la cifra identificativa di questa estate: né il dibattito sui vaccini o sul green pass, né le terribili notizie provenienti da Haiti o dall’Afghanistan, né gli allarmanti dati di un clima ambientale impazzito.
Tutti siamo stati protagonisti di un’estate italiana magica, aperta dal trionfo dei Maneskin all’Eurovision di Rotterdam, proseguita con quel pullman della Nazionale di calcio Campione d’Europa che sfila per le vie della capitale e simbolicamente chiusa dalle quaranta medaglie portate a casa dalla nostra delegazione a Tokyo. Perfino il quadro politico appare oggi stabile e ineluttabile, con Draghi e Mattarella che custodiscono e mettono il turbo al paese.
Eppure mai riapertura, mai nuova stagione, è stata così temuta come quella che si fa avanti in questa fine estate: verso dove stiamo andando? Che cosa accadrà? Come sapremo rispondere alle inedite sfide che ci porrà la realtà?
Nel grande sottobosco italiano che oggi è rappresentato dai social è tutto un agitarsi, un contrapporsi, un individuare colpevoli, complotti o nemici. Sembra che, in nome della paura, tutto possa diventare lecito, possibile, dissacrabile.
Il vero tema della stagione che inizia, però, non è tanto su quale cavallo scommettere, su quello della libertà o sul quello della salute, quanto su dove sia io – il mio desiderio, la mia umanità, il mio bisogno – in tutto quello che sta accadendo. E quando ci si chiede “dove io sia in tutto questo” non si intende tanto da che parte stia o quali iniziative voglia porre in essere per avere il mio posto al sole anche in questa nuova fase: al contrario, io sono – io sto – nell’abbraccio di un Tu, nella comunione di un noi.
La domanda dell’autunno è “a chi appartengo”, “di chi sono”, “chi seguo”, “di chi mi fido”: solo nella sicurezza e nella certezza di una casa, di un bene che c’è per me e per i miei cari, di una realtà viva che potrò intercettare e seguire, allora potrò dire “Io”, potrò esprimere me, potrò condividere e proporre i tratti della mia originalità. Originalità nei giudizi, nello scelte, nel modo di risolvere le cose o di guardare i problemi. Originalità che non è tanto iniziativa, quanto risposta a qualcosa che c’è già e che ha già iniziato a muoversi, ad agire, a precederci.
Forse nessuno ha voglia che questa estate finisca, ma forse la promessa di una casa, di un luogo di libertà, potrà trasformare ciò che oggi appare incerto in una promettente strada, in una rinnovata attesa, in una Presenza buona che già è pronta a non mollarci. E a farci compagnia.
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