Non c’è niente al mondo che aiuti a fare selezione come la delusione: “Da quel momento – annota Giovanni – molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con Lui”. L’abbandonarono perché delusi dall’asprezza delle sue parole: troppo dure, severe, arcigne. Glielo dicono apertamente, mica glielo sparlano dietro le spalle: “Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?”.
Niente di nuovo, comunque. È che la vita, per insegnarti le cose, sceglie sempre il modo peggiore, la delusione, l’unico dei sentimenti che non delude mai. “Beati coloro che non si aspettano nulla dalla vita: non saranno mai delusi” è la beatitudine di chi, osservate tutte le altre beatitudini, tenta di fare sintesi. Cristo, insomma, ha la grande capacità di deludere gli uomini: tutti s’aspettano da Lui l’impossibile e tutti, prima o poi, rimaniamo delusi dalle nostre aspettative. Un Dio costruito a nostra immagine e somiglianza: tappabuchi, zerbino, accomodante.
Dio, invece, vuol fare in modo che l’uomo torni ad essere sempre più a sua immagine, a sua somiglianza. La storia dell’uomo e di Dio, la storia eclettica di questi due, è una storia deludente: “È la storia di una delusione reciproca” scrisse Emile Cioran. Dio delude l’uomo, l’uomo delude Dio: “Un cane che si mangia la coda” (amen).
Gliela rinfacciano la loro delusione – “Non ti pare troppo, Rabbì? Non è che tu stia un pochino esagerando? Già siamo quattro gatti a seguire le tue mattità celesti: se non molli un po’, rimarremo ancora meno, forse” Gli dicono sotto sotto, con lodabile schiettezza. È dura – “Questa parola è dura!” – non perché la parola sia dura, ma perché se l’immaginavano molle, più appetibile, meno pretenziosa di quello che è: la delusione e una realtà scomoda che ci ostiniamo a non vedere.
Certo: sapevano di doversi sudare la sequela, d’esser forse anche un po’ delusi perché Dio è pur sempre Dio. Resta il fatto che la delusione tu la puoi anche sentir arrivare ma non sei mai pronto al suo impatto. Chissà: s’erano forse illusi d’essere esentati dalla fatica per aver lasciato casa, campi e famiglia. O, forse, s’aspettavano una divinità diversa, un Dio tutta testa e poca carne, geometrico e non da batticuore. Più guerrafondaio che panettiere, più reazione che conversione, spada non carezza.
Desideravano il loro Dio. Quand’è arrivato il Gesù di Dio, la delusione è stata servita. Una linea sottile divide l’illusione da ciò ch’è delusione: si chiama aspettativa. L’aspettativa verso Dio: che faccia ciò che diciamo noi, che sia come vogliamo noi, che non c’induca nella tentazione di poter cambiare. Un Dio dalle parole umane, perché un Dio che abbia parole di vita eterna pare persino troppo per chi s’accontenterebbe di meno: un piccolo monolocale con angolo cottura, bagno, camera singola. Illusi i discepoli, anche gli apostoli: più Gli stavano appresso, più se Lo immaginavano diverso. Gli altri, quelli che Gli stavano così lontani che i vicini li avevano già bollati come perduti, se l’immaginavano ancor più duro, senza misericordia, a rinfacciare il non-fatto, il fatto-male, il peccato. Chi se l’immaginò facile rimase deluso, chi l’immaginò difficile, lo trovò d’una semplicità sconcertante. Finendo per salvarsi tutt’intero.
Pensavano, forse, d’ottenere uno sconto per buona sincerità? Pensino ciò che volevano, Cristo non perde la sua fierezza: “Volete andarvene anche voi?” interroga i vicinissimi. Parole tristi, disilluse, amareggiate: eppure niente sconti, prezzo pieno. È vero che Cristo crebbe in un mondo feroce, brigante: erano tempi in cui tanti paesani pregavano per il ribaltamento dell’oppressore, meglio se violento. Gli amici eran tutti lì, in attesa che Lui desse il segnale della rivolta finale: al momento clou, si rifiutò di farlo, lasciandoli incerti. Ancora più incerti, però, al pensiero di perderlo: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna” (cfr Gv 6,60-69).
È Pietro il portavoce della marmaglia: ha escluso il mondo intero per insoddisfazione. Per non accontentarsi, gli è rimasto Cristo. “Non è la distanza che allontana, è la delusione”. È un piccolo promemoria per mio fratello Giuda.
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