Scorre il video di un live della miglior Lady Gaga, quella che non si nasconde dietro i suoi mille travestimenti e che con capelli azzurri e voce rauca si chiede: “Are you happy in this modern world? Or do you need more? Is there something else you’re searching for?” Cioè: “Sei felice in questo mondo moderno? O ti serve di più? C’è qualcos’altro che stai cercando?”. Questo video fa parte della mostra del Meeting di Rimini “Vivere senza paura nell’eta dell’incertezza”. Trecento metri più in là risponde e si accompagna a Lady Gaga uno dei personaggi della serie Euphoria: Jules. Il suo dialogo con il terapeuta fa parte di un’altra delle mostre del Meeting, “Una domanda che brucia”, dedicata alle serie televisive. Jules, che ha una profonda ferita per la sua identità sessuale e corporea, confessa che si è vista punita da ciò che gli altri desideravano da lei. Quando dice “io” si riferisce ad altro che non è il suo io. Ha nostalgia di una madre, di uno sguardo che sia capace di amarla per quello che è. Però non ha neppure la sicurezza che sua madre l’abbia guardata in questo modo.
Jules è come tanti giovani di oggi che non hanno il coraggio di dire io, perché non sono stati generati, perché l’identità è una somma di perplessità. In Jules, i problemi dell’individualismo, del collettivismo sono diventati vecchi, non c’è più altro che una nostalgia di paternità e del perdono. È la ferita di questo mondo d’inizio secolo. Mentre i genitori, di fronte alle immagini dell’aeroporto di Kabul, si chiedono dove ha sbagliato l’Occidente perché i suoi valori non abbiano trionfato, perché la democrazia abbia fallito dopo tanta generosità, i giovani gridano in silenzio di poter balbettare, compitare il loro nome. Non gli manca solo il coraggio, ma la grammatica e l’esperienza per esprimere il pronome, per dire io.
Dall’altra mostra del Meeting risponde Lady Gaga: “I’m falling/ In all the good times/ I find myself longing for change /And in the bad times I fear myself.” “Sto cadendo. In tutti i buoni momenti, mi scopro desiderosa di cambiamento e nei momenti cattivi temo me stessa”. È una ferita, una ferita che urla
Il concerto di Lady Gaga è parte del grande video artistico preparato per la mostra da Matteo R. Bernardini. Mostra che è in realtà un film di più di un’ora, proiettato in varie sale percorse dai visitatori, nel quale tre personaggi come Charles Taylor, filosofo esperto in secolarizzazione, Rowan Williams, ex primate della Chiesa anglicana e Julián Carrón, presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione, rispondono ai grandi temi del momento. In realtà non è un dialogo tra di loro, ma un dialogo con le domande, le ferite di questo tempo, che si esprimono attraverso frammenti di serie, di video di Tik Tok, di confessioni di rapper che si domandano chi sono, delle immagini delle strade vuote per la pandemia. Le parole di Taylor, Williams e Carrón si intrecciano con immagini e musica, con la voce del mondo, con i nuovi riferimenti che fanno parte della intertestualità della generazione Z e dei millenials.
Mentre Lady Gaga confessa che sta cadendo, e sappiamo tutti di cosa parla quando ascoltiamo la sua profonda voce, Carrón afferma che la secolarizzazione è una grande opportunità. La secolarizzazione favorita da un cristianesimo ridotto a dottrina e a morale (viene mostrato opportunamente un frammento di uno dei migliori film di Fellini, dove un alto rappresentante della Chiesa dice che non siamo venuti al mondo per essere felici) si è trasformata nella grande occasione perché la fede mostri il suo fascino. Questa è la sua forza per gole come quelle di Gaga o Jules. Chi ha ancora fiducia nel valore di certi discorsi viene invitato da Carrón a non farsi illusioni, citando Balthasar: “In un mondo che non si crede più capace di affermare il bello, gli argomenti in favore della verità hanno esaurito la loro forza di conclusione logica. […] il processo che porta alla conclusione è un meccanismo che non inchioda più nessuno”.
Non ragionamenti astratti che nessuno capisce, ma una bellezza. I tre personaggi del video per spiegare questa bellezza parlano della loro esperienza personale. Williams racconta il valore che ha per lui la poesia e aggiunge che nessuna fede è utile se non aiuta a guardare la realtà. Taylor insiste sul fatto che la fede non è un limite e Carrón racconta come la lealtà con la propria umanità gli ha salvato la vita.
Risuona il bolero di Ravel e lo schermo si riempie di manifestazioni di ogni tipo che chiedono libertà, il grande tema del nostro tempo. In questo mondo secolarizzato la fede può incontrarsi solo mediante la libertà. Charles Taylor, che della secolarizzazione sa quasi tutto, insiste nel dire che è necessario dimenticarsi di una società cristiana che non esiste e mette in guardia dai pericoli di mescolare l’appartenenza politica e l’appartenenza di fede. E Carrón termina ricordando i tempi della dittatura in Spagna. Aggiunge: solo un cristianesimo che si presenta come un avvenimento che dà pienezza può interessare all’uomo del XXI secolo. A Lady Gaga e a Jules. La grande occasione.
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