La crisi c’è stata, inutile nasconderlo: una crepa si è aperta tra Cristo e gli amici più fidati. Forse per questo, tempo qualche giorno, l’Iddio in persona auto-commissiona un sondaggio: “Vediamo come stiamo in fatto di comprensione di Me”, ragiona tra sé. Sa d’essere più che un genio, è Figlio di Dio. Dunque ha calcolato il rischio di venire frainteso: ogni pensatore che sia un po’ profondo, calcola d’essere frainteso piuttosto che capito. Ecco, dunque, lo sferragliare della domanda più rischiosa: “(Amicimiei), la gente chi dice che io sia?” chiede Cristo. È audace chiedere da sé che cosa pensano gli altri di noi.

La risposta è alquanto scontata: “Giovanni Battista, altri dicono Elia e altri uno dei profeti“. Cioè, dicono, tutti ti paragonano col passato: per loro non c’è nessuna novità in te. “La storia degli uomini – è lo scrittore José Saramago – è la storia dei loro fraintendimenti con dio: né lui capisce noi, né noi capiamo lui”. È proprio così? Cristo è navigato in materia: sa bene che le parole che Gli escono dalla bocca sono come lettere che scriviamo a qualcuno. La lettera, quando tu la infili nella busta, cambia completamente. Non è più tua, diventa del destinatario. Quello che tu volevi dire è sparito nel batter d’occhio in cui tu l’hai sigillata: resta solo ciò che capisce il tuo destinatario.

Le parole di Cristo sono lettere delicate: vuol rendersi conto se ciò che ha scritto è ciò che hanno capito gli amici. Al parere della folla non dà peso: restringe lo zoom, sonda il terreno tra coloro che più gli sono vicino. Alla sua famiglia ambulante chiede: “Ma voi, chi dite che io sia?

I Dodici sono spalle al muro. Prende la parola il capoclasse Pietro: “Tu sei il Cristo“. È così evidente che sia Lui, che Pietro pensa: “Se non sono sicuro di questo, non posso esserlo neanche di me stesso”. Crisi risolta: almeno gli amici hanno acciuffato al volo il cuore della sua regalità. Tempo qualche istante, però, e la fessura si riapre.

Cristo, nel sentire quell’esclamazione, coglie la palla al balzo. Prova ad accelerare: “Cominciò ad insegnare loro che il Figlio dell’Uomo doveva soffrire molto“. Cioè inizia a dire loro che la bellezza non sarà senza la disperazione: passione è il tempo futuro del Cristo. In duplice copia: la passione come bellezza e batticuore. Anche come sofferenza brutale, chiodi sulla croce, sangue ovunque. E Pietro, tra sé, rimugina: “Va ben tutto: ma il fatto di vedere il mio Re soffrire, venire schiaffeggiato? No, questo no!”, Glielo dice così, forse più per premura che per viltà: “Si mise a rimproverarlo“. Non pubblicamente, però: “Lo prese in disparte” il suo Gesù. Gesto d’affettuosa partecipazione, dettaglio d’amore sopraffine: certe correzioni, non si fanno nella piazzetta, han bisogno d’intimità. Non l’avesse fatto: “Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio ma secondo gli uomini“.

L’amico diventa Satàn. Cosa avrà fatto di così imbecille da meritarsi d’essere diavolaccio? Semplice: si era messo in testa di andare davanti lui a comandare. A comandare Cristo. Per questo gli dice di andare dietro: “La strada, permetti, la traccio io: non allargarti troppo”. E Pietro muto come un pesce. Capisce di avere frainteso tanto. Lui pensava una cosa di Cristo: poi ha capito che non aveva capito quanto costasse la felicità. È così: il capire può richiedere una vita intera, il fraintendere è questione di pochi attimi.

Pietro, come me, voleva ritrovare se stesso nel Cristo: lo voleva come se lo era immaginato nella sua camera. Si era illuso di essersi sistemata la vita seguendo il Re più forte? Può essere: l’illusione ti aiuta a sognare ma non a sperare. Non c’è nulla di più facile che illudersi: ciò che tu desideri, credi che sia vero. “Chi vuol salvare la propria vita, Pietro, la perderà” (cfr Mc 8,27-35). S’è (ri)messo dietro a Cristo: “Chiuso con le illusioni – dice Pietro –: ci sono stato troppo male”. Le illusioni tra pochi giorni riproveranno a buttare giù la sua porta, però. “A fraintendersi son capaci tutti, Pietro. Vuoi mettere la rivoluzione di capirsi?” l’avrà consolato poi il Cristo. Non è stato tempo perso: perdere un’illusione è come trovare una verità.

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