Le elezioni amministrative che si svolgono in questo periodo possono essere una occasione per avviare un’inversione di tendenza. Purtroppo gran parte del mondo politico le sta usando nel peggiore dei modi: ne è segno il fatto che in molti casi sono stati scelti candidati sindaci inadeguati e impreparati ed è quasi assente un dibattito di alto livello sui problemi delle città.
Uno studio condotto da Ipsos, nell’ambito di una ricerca fatta dalla Fondazione per la sussidiarietà e Astrid sui corpi intermedi, ha mostrato che il 56,2 per cento degli italiani si dichiara deluso dalla democrazia.
Dopo tanti anni si comincia a capire che si è usciti da Tangentopoli buttando via “il bambino con l’acqua sporca”. Di fronte all’innegabile crisi ideale, si è teorizzata per anni la scorciatoia di un bipolarismo guidato da uomini soli al comando in partiti di plastica con deputati e senatori nominati senza una selezione sui territori. Non è stato solo un processo spontaneo: Ugo Finetti ricorda nell’ultimo numero di Nuova Atlantide l’ondata anticasta e giustizialista dell’ultimo decennio, mirante a fare di tutta l’erba un fascio senza distinguere tra colpevoli e innocenti. Oggi si ricomincia a pensare che l’esito di tutto questo, il distacco dai corpi intermedi, del potere e dei partiti sia un “lusso” che non possiamo più permetterci.
C’è però un segno interessante che va in controtendenza. Per la prima volta da anni in molte liste si sono candidati un po’ in tutta Italia giovani che non sono attirati dal potere, né provengono dalle file giovanili dei partiti, ma da esperienze della società civile.
Un esempio di questa novità si è vista nel dibattito indetto a Milano martedì 21 settembre da “Nuova Generazione”, associazione con lo scopo di promuovere soprattutto tra i giovani un impegno politico che superi il suo scollamento dai problemi della società e permetta una partecipazione alla costruzione del bene comune.
Non fanno i politici di professione, hanno tutti un loro mestiere. Sotto la regia di Lorenzo Margiotta, presidente di Nuova Generazione, l’incontro ha visto come protagonisti alcuni dei giovani candidati al consiglio comunale di Milano nelle liste di diversi partiti.
Alcune interessanti novità hanno caratterizzato il dibattito. Innanzitutto il rispetto reciproco, un senso di stima, quasi di amicizia che si vedeva su quel palco. Al contrario delle solite risse, degli insulti e delle denigrazioni a cui siamo abituati.
Un dibattito che ha ripercorso il metodo visto nell’incontro organizzato dall’Intergruppo parlamentare per la Sussidiarietà all’ultimo Meeting di Rimini con i segretari di partito. Dominava il desiderio di ascoltare, probabilmente per un’abitudine a confrontarsi anche fuori dai riflettori. Non che mancassero forti divergenze nel merito dei problemi: ma diverso è quando le differenze sono giocate per costruire insieme una politica come arte del compromesso, nel solco dell’intuizione di Joseph Ratzinger, piuttosto che per distruggere il nemico.
Il secondo rilievo è proprio che le differenze non nascevano da ideologie a priori, quanto dalla discussione sui problemi reali della città, soprattutto quelli che toccano i giovani: l’abitare e l’urbanistica, il lavoro, la vita delle famiglie, l’educazione, la sanità. Si è riusciti persino a parlare dell’omotransfobia e della famiglia con posizioni molto differenti, ma in modo civile e costruttivo.
Un terzo fondamentale aspetto riguarda la personalità dei giovani politici. Riprendendo un felice slogan di un volantino di 40 anni fa dei Cattolici Popolari in università, fanno politica “non per mestiere ma per passione”. Provengono realmente dalla società civile, perché hanno cominciato proprio dall’impegno in università, o nel lavoro in qualche opera sociale, o in associazioni culturali. E, oggi, stante anche l’impegno in consiglio comunale, non sono politici di professione.
Sulla base di quanto visto e ascoltato l’altra sera, sarebbe auspicabile un futuro approdo nella politica di questi giovani. È venuto il momento che chi fa il ministro o l’assessore o il parlamentare o il consigliere regionale non venga preso dall’alto e nominato dalle segreterie dei partiti, ma segua quel cursus honorum dal basso che assicura anche in questo campo la selezione dei migliori e una effettiva preparazione ai compiti più impegnativi.
Scuole di politica di stampo interpartitico e pluralistico potrebbero aiutare la crescita dal basso di una futura classe dirigente.
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