Gli ultimi dati Istat dicono che gli italiani al lavoro sono tornati sopra quota 23 milioni, con un tasso di occupazione al 58,9%. A livello aggregato, l’Azienda-Italia ha dunque riabbordato le grandezze pre-pandemia (anche se i jobs totali restano ancora 115mila in meno rispetto al febbraio 2020). Nel mezzo della quarta ondata Covid non è comunque notizia da poco che a novembre gli occupati fossero 700mila in più rispetto all’inizio del 2021, da allora in crescita costante. Il rimbalzo del 6,3% del Pil messo a segno nel 2021 ha dunque ricreato posti di lavoro e la tendenza è attesa in continuazione nell’anno appena iniziato: quando la stessa Istat prevede che l’economia italiana cresca del 4,7%.
Unioncamere a Anpal (quest’ultima in fase di ritorno d’iniziativa) prevedono 458mila assunzioni in corso d’anno, di cui 181mila a tempo indeterminato (ad esempio, nel settore delle costruzioni spinto dal superbonus, oltre che nei “cantieri” aperti dalla transizione digitale).
Un’ombra jobless, tuttavia, sembra gravare sulla ripresa italiana. L’incremento degli occupati nel 2021 ha riguardato prevalenza i precari (+17%): mezzo milione in più. E i numeri sembrano solo confermare una tendenza di periodo medio-lungo, accentuata in misura importante ma non decisiva dalle restrizioni del Covid. La pandemia ha reso certamente più accidentata la migrazione dell’economia globale verso un new normal ancora incerto. Il lavoro dipendente a tempo indeterminato, in un’Azienda-Paese manifatturiera come l’Italia, con notevoli proiezioni nel terziario turistico, rimane importante (il comparto ha recuperato il 2,8% in un anno) ma con prospettive incerte.
Su questo terreno agli osservatori appare quindi di qualche significatività la pur timida inversione di tendenza che l’effetto-Covid sta innescando in aumento nel segmento dei lavoratori autonomi. In termini estremamente schematici: la pandemia sta accelerando la flessibilizzazione di medio-lungo termine dell’occupazione al punto tale che una quota crescente di “precari” vecchi e nuovi (lavoratori a tempo determinato o parziale, perdenti lavoro fisso a qualsiasi titolo, giovani all’ingresso sul mercato del lavoro, ecc.) sta imboccando la strada dell’auto-impiego. Osservata da quest’angolatura, l’ombra jobless sul lavoro “tradizionale” può perfino diventare un punto di luce in fondo al tunnel.
Certamente il fenomeno andrà verificato e analizzato nel suo progresso: quale “lavoro” vuole creare – o ricreare – il Pnrr? L’Italia del Reddito di cittadinanza – almeno in versione corrente – è probabilmente uno dei primi Paesi Ue a doversi confrontare con questa sfida.
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