In fila indiana, “come Dio comanda”. Non è soltanto un modo di dire, ma è stata l’unica pretesa rivolta dal Padre al Figliolo prima che venisse a farsi uomo quaggiù: “Di raccomandazioni, a casa nostra, non voglio vedere manco l’ombra. Che nessuno possa dire di te che sei raccomandato. O di me che sono uno che raccomanda i parenti”. Satàn, bastian-contrario, serpeggiava: “Che sarà mai? È il mondo ad andare così”. Dio, dall’aldilà al di qua: “Poco mi importa se laggiù la raccomandazione vale più del talento. A noi c’importa soltanto che nessuno dica ch’è facile diventare Messia quando sei figlio di Dio. A casa mia – chiuse Iddio – faran sempre tutti la gavetta. Nessuno escluso!”.

Se il buon giorno si vede dal mattino, allora sarebbe bastato guardare come si son comportati Maria e Giuseppe per realizzare che, domattina, il frutto sarebbe caduto poco distante dall’albero. Perché, cosa pensate, che se Maria Nazarena avesse voluto non le sarebbe riuscito, spifferando Chi aveva in grembo, di trovare una stanza singola per starsene in pace, coccolata dal riscaldamento a pavimento invece che dalle spuma delle bestie? O che per Giuseppe, vantando di chi era padre (e che cosa aveva fatto per quel Figlio), non si sarebbe potuto aver un funerale migliore, un posto in cimitero più centrale, invece che farlo inghiottire nella depressione d’un silenzio infinito? Vantaggi sul nascere e sul morire: ma anche per saltare la fila, ottenere un passaporto, recuperare un legno più di qualità, del latte appena la vacca l’aveva sputato fuori. Piccole cose, ma che faran sempre la differenza in qualsiasi paese dove anche le lettere, per arrivare prima, sono “raccomandate”.

Loro, invece, niente di niente. Mai gradiranno favore alcuno: “È questione di stile!”, risponderanno all’unisono in caso d’interrogazione. Loro sono convinti che “un bel viso è una tacita raccomandazione” (P. Sirio). Talis pater (mater), talis filius. Nei pressi del Giordano – si era ai primi giorni della sua vita pubblica – Cristo dimostrò d’essere il seguito fedele della mamma e del papà: “Mentre tutto il popolo veniva battezzato“, anche Gesù si mise in fila, come tutti.

Nessun vanto da esibire, soltanto la divina agitazione d’essere in tutto, per tutto (eccetto il peccato) simile agli uomini. Al più spacciato degli uomini. Volle, senza volerlo, mostrare al mondo come per innalzare la città di Dio fosse necessario rispettare la città degli uomini, senza sorpassarla, dandole il sospetto d’essere declassata ai suoi occhi. Per trent’anni visse così: nella bottega con Giuseppe, ad imparare a fronteggiare lo strangolamento economico che toccava agli artigiani. In cucina con la Madre, ad imparare come si arriva a fine mese. In fila, all’ospedale, ad aspettare ore il suo turno per farsi il tampone. Alle imposte, col vicino di casa, per dare a Cesare il dovuto. Nella sua parrocchia a ricevere il battesimo come tutti, non dove il prete propone corsi accelerati. Fu così, e solo così poteva, che Dio si guadagnò la fiducia dell’uomo: non nelle vesti d’un sindacalista moderno, ma con la tuta sporca d’olio d’un operaio qualunque. Turni di otto ore, e avanti.

Il Padre apprezzò quel suo non bruciare la fila, quando qualche altro padre godrebbe nel veder che i suoi figlioli han capito come fare i furbetti, bruciando le file. L’apprezzò così tanto che lo disse a voce alta, che tutti capissero che razza di uomo stava diventando il suo Gesù: “Tu sei il mio figlio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento” (cfr Lc 3,15-22). Parole rapide: figliommio. Centrali: io ti amo, alla follia. Sintetiche: sei l’orgoglio di tuo Padre, sono orgoglioso di te. Il Battista, pur avendo avuto anticipazioni per il fatto d’esser cugino, si stupì pure lui, al punto da faticare ad accettare di battezzarlo. Lo battezzò – perché, alla fine, cedette – quando, incrociando gli occhi, fiutò il mistero dei misteri: che la bellezza resterà sempre la raccomandazione più robusta. Certo: ai raccomandati, forse, riuscirà di sfondare la porta. Solo con la gavetta, però, s’imparerà ad aprire la serratura.

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