La riforma costituzionale di fatto che i governatori delle Regioni stanno attuando in maniera sistematica si ripropone in questa fase di difficoltà legata alla diffusione rapidissima della nuova variante Omicron. De Luca sta spingendo per tenere chiuse le scuole, per ora primarie e secondarie, con l’obiettivo dì preservare la sua Regione e tenerla in zona bianca. Esiste un’evidente e numerosa serie di ragioni per pensarla come De Luca. Nessuno vuole che il virus intasi gli ospedali e faccia sprofondare il Paese in un lockdown di fatto, così come è evidente che vi sono diverse illogicità che possono essere stigmatizzate nelle norme dettate dal Governo. Ad esempio perché si debba tenere chiuso ai no vax qualcosa e non tutto.
Molto si discute anche se sia giusto lasciare a scuola i ragazzi. Il Governo confida che, se ben gestiti, non rischiano di veicolare tra le famiglie il virus più di quello che già non avviene. Posizione che vuole rimediare alla netta perdita di competenze, e di vita, di un’intera generazione privata della scuola.
Se per un verso solo una chiusura di ogni cosa limita la diffusione, è anche vero che molte delle misure adottate sono ancora tempestive e che la curva pandemica della Omicron è ancora incerta nella sua evoluzione. E soprattutto che, in tempi così complessi, la valutazione degli interessi in gioco deve avere un unico centro di valutazione che sia in grado di dare riferimenti ed indicazioni chiare ed oggettive. Tenere i ragazzi in casa o mandarli a scuola, comunque la si pensi, non può essere una valutazione fatta in autonomia da un soggetto che, istituzionalmente e costituzionalmente, ha un referente diretto nel Governo.
Su questo si esprimerà il Tar della Campania che, per ora, con uno suo decreto, nel giro di un giorno, ha ha chiesto che il provvedimento di De Luca sia accompagnato dagli atti su cui lo stesso è fondato (tabelle, valutazioni, dati), rilevando che lo stesso provvedimento è coevo al nuovo provvedimento del Governo che ha già disciplinato i modi di fruizione dell’educazione scolastica (proprio in data pari a quella del provvedimento di De Luca).
Nella sostanza con la nuova mossa di De Luca, che molti giuristi reputano illegittima, si apre una potenziale nuova stagione di caccia alla lepre. Con De Luca che sprinta in avanti rispetto alle misure ed il Governo che cerca, nelle intenzioni di De Luca, di stargli dietro. La strategia ha avuto molto successo per il Governatore della Campania che, proprio grazie al suo attivismo, ha guadagnato meritoriamente punti importanti nel 2020 in vista delle allora imminenti regionali. Ma De Luca deve anche rammentare la sua legittima posizione critica con le Regioni del Nord che rischia di essere indebolita. I governatori di quelle Regioni, rivendicando la medesima autonomia che lui invoca nel nome dei campani da tutelare, hanno spinto per avere maggiori risorse a disposizione dei loro concittadini, a danno degli altri italiani, chiedendo il regionalismo differenziato.
È evidente che le posizioni sono perfettamente sovrapponibili nella premessa. I governatori si sentono interpreti di una volontà popolare legittimata dal voto e pretendono per se stessi maggiori poteri rispetto al governo. E ogni governatore spinge nella direzione che più gli aggrada e che rende di più sul piano del consenso.
Il problema è che senza uno Stato forte ed in grado di guidare l’emergenza, come lo sviluppo economico, si genera la frantumazione istituzionale ed il caos amministrativo che precedono, generalmente, ogni grande crisi politica, sociale ed economica.
Ora che la crisi pandemica torna a mostrare i suoi ben noti dilemmi, serve che le istituzioni dialoghino in silenzio e rispettino quanto deciso e pubblicamente comunicato. Il dissenso è il sale della democrazia ma la sovrapposizione dei poteri, che competono invece che collaborare su temi così delicati, è la distruzione dello Stato di diritto che della democrazia è custode ed espressione.
È un percorso complesso ma che deve essere fatto per preservare lo Stato nella sua interezza. E per fare da baluardo alle forze disgregatrici che vogliono, con il regionalismo differenziato ad esempio, abbandonare l’unitarietà dello Stato a favore dei territorialismi esasperati.
De Luca si gioca questo round innanzi dal Tar per ora, ma deve avere la saggezza di esercitare una leadership che non sia poi strumentalmente utilizzata per demolire le premesse dello Stato e della Costituzione. Ovvero l’intangibilità dell’unita del Paese e l’uguaglianza dei cittadini.
Non possono e non devono poteri diversi appropriarsi di funzioni altrui; non siamo all’alba dell’ignoto pandemico con un Governo fragile, ma nella maturità della crisi e dell’emergenza con una guida severa. Sappiamo che i rischi sono accanto a noi e dobbiamo essere consapevoli che la vita del Paese può essere rapidamente messa in pericolo se questa crisi non lascerà istruzioni più forti e capaci. Lavorare per prendersi fette di potere nel mezzo di una crisi, sia esso potere economico come per il Nord o prerogative in materia di istruzione, è un atto che va stigmatizzato ed a cui un politico deve guardare con ribrezzo, se ambisce ad essere statista.
Certo le diversità vanno comprese anche dal Governo, le differenze (nel Paese che corre su un asse perfetto da Nord a Sud) sono tante, ma è nella capacità di stare assieme e di trovare nella diversità una sintesi che risiede la strada per riuscire a fare un luogo e proficuo viaggio. Perché da soli si va certo più veloci, assieme di sicuro più lontano. Ed oggi pare che sia di moda esser veloci, anche se poi si dura poco.