L’oncologia sta vivendo un momento di grande innovazione, dato dallo sviluppo di nuove opportunità terapeutiche associate alle nuove possibilità diagnostiche.

L’impatto è particolarmente importante con la terapia targettizzata e customizzata, grazie alla biologia molecolare con il superamento delle terapie solo chemioterapiche ed empiriche per arrivare agli anticorpi farmaco-coniugati, il potenziamento dell’immunità del paziente per combattere le cellule tumorali (dall’immunoterapia alle Car), la creazione di vaccini m-Rna preventivi e curativi per il melanoma e il tumore del colon-retto, una diagnostica di precisione per il carcinoma della prostata, la creazione di farmaci agnostici con obiettivo la variante genetica indipendentemente dalla tipologia tumorale. Ma anche la possibilità del paziente di iniziare a curarsi a casa o il più vicino alla propria abitazione grazie agli sviluppi dei primi servizi di televisita e telemonitoraggio con continuità di rapporto con gli specialisti e/o Mmg.

Scegliere un percorso di cura piuttosto che un altro non impatta solo sulla salute del paziente. Ci sono ricadute sociali, organizzative e anche economiche. L’innovazione in ambito farmacologico è parte centrale di questo processo. Ogni giorno medici e manager della sanità devono prendere decisioni rapide che siano le migliori possibili.

In Italia i pazienti oncologici sono oltre 3,5 milioni, rappresentano una domanda rilevante del nostro Ssn e si caratterizzano per bisogni assistenziali molto diversi che vanno dall’alta intensità fino ad esigenze di tipo socio-sanitario. Occorre pertanto riorganizzare l’intera oncologia, oggi prevalentemente ospedaliera, prevedendo nuovi setting assistenziali territoriali con la delocalizzazione di alcuni trattamenti delle cure oncologiche, fino al domicilio protetto e assistito del paziente con la home care, la home delivery e con il potenziamento su tutto il territorio nazionale delle cure sintomatiche e palliative.

Con il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) si presenta un’opportunità da non perdere per l’oncologia, in quanto, a fianco delle innovazioni farmacologiche e diagnostiche di branca, è stata focalizzata l’attenzione sul tema della medicina territoriale, che sempre di più occorre riempire di contenuti e di funzioni nei nuovi luoghi di cura che si stanno costruendo. I bisogni dei pazienti oncologici sono differenti a seconda che siano: paziente con prima diagnosi o in trattamento attivo, che gravita principalmente sulla struttura ospedaliera che eroga la quasi totalità delle prestazioni;

paziente cronico in trattamento attivo, seguito principalmente dalla struttura ospedaliera, ma per il quale il territorio potrebbe prendere parzialmente in carico alcune funzioni quali la terapia orale, la diagnostica, la nutrizione, il supporto psicologico e, ove possibile, la riabilitazione;

paziente in follow up, per il quale il coinvolgimento del territorio dovrebbe essere rilevante, con riduzione del carico per le strutture ospedaliere.

Obiettivo prioritario è quindi definire quali prestazioni possano essere declinate in setting assistenziali differenti dall’ospedale e come rivedere l’organizzazione, anche rivedendo le attività delle figure professionali coinvolte.

In Italia le Reti oncologiche sono operative in alcune Regioni, mentre in altre la loro implementazione è in ritardo, causando una carenza di continuità assistenziale e di conseguenza una mancanza di integrazione tra ospedale e territorio. Le Reti sono certamente una leva organizzativa favorevole anche per lo sviluppo dell’assistenza territoriale e devono rappresentare la prima porta d’ingresso del malato oncologico nel sistema per la sua presa in carico globale e quindi l’inizio del suo percorso assistenziale, dove quindi diventa imprescindibile l’integrazione con i Pdta.

Il modello di rete pone le basi per equità di accesso alle cure, continuità assistenziale e ricerca clinica diffusa.

La sanità digitale (non certo una novità come tecnologia) ha visto poche e sporadiche esperienze limitate nel tempo e non è mai stata attivata nel sistema sanitario italiano. L’emergenza sanitaria causata dalla pandemia ha fatto sì che televisita, teleconsulto e telemonitoraggio si affacciassero con determinazione in tutti i sistemi sanitari regionali. Questa esperienza ha mostrato tutte le potenzialità di questi sistemi non solo per il Covid, ma per tutti i pazienti che per via di patologie particolari non potevano entrare a contatto con situazioni a rischio, sottolineando però che la telemedicina non è un obiettivo, ma è uno strumento per migliorare la risposta del Ssn ai bisogni dei malati e delle loro famiglie.

Nel caso dei pazienti oncologici la sanità digitale dovrà giocare un ruolo vincente nel processo di territorializzazione delle cure per i pazienti con malattia cronicizzata. La fase di follow-up e in alcuni casi anche le fasi di terapia potranno svolgersi sul territorio fino alla casa del paziente, dove medici e infermieri potranno seguire insieme agli specialisti il paziente in tutte le sue necessità. L’integrazione tra i principali attori sanitari coinvolti, dai centri ad alta specializzazione a quelli dei centri di primo e secondo livello, sino alla medicina territoriale e al medico di medicina generale, diventa un passaggio obbligato, ma è irrealizzabile senza una opportuna architettura digitale.

Alle associazioni dei pazienti deve essere assegnato un ruolo attivo, soprattutto nel raccogliere i bisogni dei pazienti e le facilities di cui necessitano nell’ambito del percorso di cura, ma anche contribuire alla corretta informazione sui diritti/doveri, sostenere paziente e caregiver nella gestione della malattia.

La ricerca biomedica e l’innovazione in ambito oncologico rappresentano un fattore determinante per lo sviluppo della medicina moderna, ma non possono più essere svolti da singoli enti di ricerca, bensì devono attuarsi attraverso gruppi di centri di ricerca di eccellenza in rete (settore pubblico e quello privato for profit e no profit) in grado di sviluppare sinergie e generare un effetto moltiplicatore.

Il Pnrr potrà essere una grande occasione di cambiamento se i Ssr, il management delle aziende sanitarie, le società scientifiche e le organizzazioni dei pazienti riusciranno a collaborare su obiettivi condivisi e a “mettere a terra” progettualità realizzabili nei tempi previsti dal Piano.

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