Il Covid rialza la testa: quindi?

La gente non vuol più sentir parlare di mascherine, distanziamento e limitazioni, ma il Covid è ancora in giro. E se vogliamo convivere con il virus serve prudenza

A parte la chiesa, per lo meno la parrocchia che frequento io, dove la maggioranza delle persone porta ancora la mascherina e si disinfetta le mani all’entrata (e diversi anche all’uscita), seppure anche lì è in notevole aumento la quota di soggetti che non si adegua più a queste pratiche prudenziali, basta camminare per la città, entrare in qualche negozio o supermercato, osservare gruppetti di persone che parlano tra di loro a distanza ravvicinata, per rendersi conto di cosa la gente pensa del virus Sars-CoV-2.



Diciamolo fuori dai denti: la gente ne ha le scatole piene di mascherine, disinfettanti, distanziamento, limitazioni e così via, al punto che chi continua a fare della prudenza la propria stella polare è come una mosca bianca, ed è quasi obbligato a sentirsi personalmente a disagio perché avvertito come marziano e portatore di sfiga.



Partecipano a diffondere questo atteggiamento da “liberi tutti” anche diversi esperti, qualcuno forse più desideroso di fare il ministro che non di dedicarsi alla cura degli infetti.

Certo, c’è ancora chi predica prudenza (Ilaria Capua, “Il Covid non è scomparso, prepariamoci”, Corriere della Sera, 24 settembre 2022) e guarda con un po’ di preoccupazione ai mesi a venire, mesi che per natura sono di per sé favorevoli alla diffusione del virus, ma l’insofferenza verso questa pandemia, o forse verso il racconto che di essa è stato fatto ed alcune azioni che sono state adottate, è palese.



D’altra parte, per un verso la realtà continua a offrirci nuovi e diversi motivi di preoccupazione (guerra, bollette, crisi energetica, …), per un altro verso si è attesa la formazione del nuovo governo felici di passargli tutte le potenziali patate bollenti che sono sul tavolo.

E’ emblematico e ha fatto molto discutere, ad esempio, il caso della circolare del (ex) ministro Speranza sull’uso delle mascherine, prima annunciata ma poi subito ritirata con la motivazione che se ne dovrebbe occupare il nuovo ministro: ma ti sembra che bisogna addirittura scomodare il nuovo governo per emettere una circolare? E per un atto un po’ più impegnativo cosa si deve fare? Convocare in assemblea planetaria i ministri della Sanità di tutto il mondo? Il sospetto (ad essere sinceri è molto più di un sospetto) è che si trattava in realtà della potenziale ennesima brutta figura a cui il (ormai ex) ministro ci stava esponendo, reiterando le tante brutte figure che hanno segnato la sua gestione della pandemia in corso.

In corso? E già, spiace doverlo ripetere, ma la pandemia da Sars-CoV-2 non solo è ancora in corso, ma nelle scorse settimane ha ripreso vigore, come testimoniano i dati sul numero di soggetti infettati (per altro largamente sottostimati, visto che molte persone evitano di dichiarare di essere stati contagiati), sul numero di quelli ricoverati e, ahimè, anche sul numero dei deceduti.

Ce lo dicono persino i vetusti, perché non tempestivi, indicatori utilizzati dall’Iss (cioè Rt), che pervicacemente continua a mandare segnali contrastanti tra il valore dell’incidenza (cioè la frequenza di casi) e il valore della diffusività dell’infezione (Rt appunto), contrasto di valori che deriva solo dalla distanza temporale a cui si riferiscono i due indicatori. E’ possibile che dopo più di due anni e mezzo di pandemia si sia ancora legati a un indice che informa con ritardo sull’andamento dell’infezione (Rt appunto) quando sono invece da lungo tempo pubblicamente disponibili indicatori più tempestivi (RDt, ad esempio) e che informano ben più precocemente di Rt?

Sarà stata la fine delle vacanze, o l’inizio delle scuole, o l’occasione elettorale, o l’inizio del campionato di calcio, o il diffondersi di una nuova variante (spiegazione spesso di comodo ma che sembra funzionare sempre dal punto di vista mediatico), o chissà quale altra diavoleria: sta di fatto che il virus approfitta dell’evidente abbassamento generalizzato della guardia per darsi una mossa e diffondersi. Certo bisogna dire che la stagione lo aiuta, perché a spianargli la strada (o a creare ulteriore confusione e preoccupazione) ci si sta mettendo anche la solita influenza, che ha già dato diversi segnali di presenza anticipata a fronte di una campagna vaccinale antiinfluenzale che si sta lentamente mettendo in moto.

Cosa fare? Vedremo le decisioni che prenderà il nuovo ministro, ma l’atteggiamento delle autorità centrali (ma anche di diversi esperti) fino ad oggi ha ruotato attorno ad un solo strumento, la vaccinazione anti Sars-CoV-2, strumento che sta dimostrando la sua efficacia rispetto alle conseguenze più gravi dell’infezione (ricoveri, decessi), ma è del tutto incapace di fermare la diffusione del virus e non sembra più trovare nella popolazione il consenso che i promotori si aspettavano (anche se si spera che l’abbinamento con la vaccinazione anti-influenzale possa dare nuovo vigore anche alle attività vaccinali contro Sars-CoV-2).

E allora? Spiace dirlo, perché non è facile da accettare, ma se vogliamo ridurre (perché sono in molti a dire che non si debba parlare di “eliminare”, ma di convivere con) la diffusione del virus, nell’attesa di un vaccino più performante per questo obiettivo, occorre fare ricorso all’unica cosa che funziona, la prudenza, la prevenzione se vogliamo usare un linguaggio tecnicamente più idoneo, adottando tutti quegli atteggiamenti preventivi (mascherine, igienizzazione, distanziamento, …) che rendono più difficile al virus la sua libera circolazione.

Non ci va di essere prudenti? Non c’è problema, o meglio, c’è un problema: vuol dire che grazie al (o a causa del) nostro comportamento ogni giorno continueremo a contare infetti, ricoverati, e morti, che ci saremmo potuti risparmiare.

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