Il termine “sussidiarietà“, per quanto sempre più utilizzato, risulta per molti ancora ostico. Eppure esso indica qualcosa di semplicissimo: il rapporto tra diversi soggetti (pubblici, privati e non profit) per la creazione di risposte ai bisogni della collettività.

Un amico mi ha recentemente raccontato un esempio che proviene dal continente americano e riguarda il reinserimento dei carcerati: il progetto WAGEES (Work and Gain Education and Employment Skills, “lavoro e acquisizione di educazione e capacità lavorative”) attuato in Colorado. Tale progetto mette a disposizione una parte del budget del Colorado Department of Corrections (CDOC), il sistema carcerario, dello Stato nella forma di finanziamento a organizzazioni non profit e comunità locali che offrono servizi a persone che escono dal carcere. Per attuare tali principi, il Colorado appalta la gestione e l’amministrazione di questi fondi a una ONG terza, chiamata Latino Coalition, che lavora per identificare i partner sul territorio, guidarli nel processo di selezione e sostenerli nello sviluppare il loro progetto (secondo il loro motto: find, fund, form, feature, cioè “trovare, finanziare, formare e rendere pubblico”).

La filosofia che sta dietro a queste scelte è che la sicurezza pubblica non è solo competenza del sistema carcerario e delle forze di polizia, ma è un bene per la costruzione della comunità civile che deve essere coinvolta in tre aspetti fondamentali. Innanzitutto, c’è un lavoro di “advocacy” che porta le istanze della comunità alle istituzioni politiche, chiedendo che i fondi siano confermati a ogni nuova legislatura in forza dei risultati ottenuti e dimostrati dai dati raccolti sul campo; c’è poi l’ente intermedio, la Latino Coalition,che alleggerisce il carico burocratico e aiuta lo sviluppo degli enti sul territorio erogatori di servizi; infine, i terminali ultimi, gli enti partners che, erogando gli opportuni servizi, raggiungono e soddisfano le esigenze delle persone che escono dal carcere e si reinseriscono nella società civile.

Si capisce da questa impostazione che la partnership tra autorità pubbliche e gli enti sul territorio è concepita come una totale collaborazione, una co-progettazione si potrebbe dire ricordando la sentenza 131 del 2020 della Corte Costituzionale italiana, in quanto si riconosce che solo coinvolgendo le realtà non profit e locali in ogni fase del progetto, si possono ottenere risultati significativi.

La scelta dell’amministrazione pubblica di avere a che fare direttamente con la Latino Coalition è particolarmente azzeccata perché permette di superare il vincolo che un’istituzione governativa americana ha di non poter finanziare direttamente enti che abbiano una qualche affiliazione religiosa.

Un significativo esempio cresciuto nell’ambito di questa iniziativa governativa, è il progetto Restorative Freedom Initiative di Avsi-Usa che sostiene a Denver insieme a enti locali, cattolici, cristiani, musulmani o laici, una casa di accoglienza per il reintegro di ex-detenuti in libertà vigilata chiamata My Father’s House. La casa di accoglienza è uno dei partners del programma WAGEES, approvato dalla legislatura del Colorado nel 2014, ed ora sta sviluppando in collaborazione con AVSI un programma ispirato al metodo di detenzione delle APAC (Associazione di Protezione e Assistenza ai Condannati) brasiliane, considerato dall’Onu il più efficace sistema di recupero in assoluto. Sono “prigioni” senza armi e senza guardie, dove i prigionieri hanno le chiavi delle celle e si occupano della sicurezza, grazie alla collaborazione attiva di realtà civili non profit.

Significativo uno degli incontri trimestrali degli enti partners a Denver. Un gruppo che partecipava all’incontro indossava una maglietta che portava sul petto la scritta “Hope Dealer”, un gioco di parole tra dope (droga) e hope (speranza): i detenuti volevano esprimere il cambiamento in corso nelle loro vite grazie all’amicizia e all’assistenza dei compagni di viaggio dell’Avsi e delle altre realtà non profit con loro coinvolte. Non erano più “trafficanti di droga”, ma erano divenuti “trafficanti di speranza”. Questo è il vero esito di un’autentica sussidiarietà quando è vissuta non solo come un principio giuridico, per quanto lungimirante, ma come espressione del desiderio di collaborare per realizzare un ideale umanitario.

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