Fatti e circostanze recenti hanno rimesso a tema la questione della libertà. “Il bene più grande che i cieli abbiano donato agli uomini”, diceva don Chisciotte al fedele Sancho, e aggiungeva: “per la libertà, come per l’onore, si può e si deve mettere a repentaglio la vita”. Un bene ineguagliabile dunque. Un bene però tanto universale, quanto, nel nostro tempo, paradossalmente divisivo.

Tutti rivendicano la libertà, tutti se ne fanno paladini, tutti giustamente la invocano. Libertà di non vaccinarsi, libertà di riunirsi per manifestare le proprie convinzioni, libertà di esercitare il diritto di proprietà sulla propria casa occupata da qualche senzatetto, libertà di accedere a sostanze stupefacenti, libertà di morire dignitosamente in luoghi e tempi programmati. Ma anche libertà di avere una patria in cui vivere in pace, libertà di educare i figli secondo le proprie convinzioni, libertà di organizzarsi per rispondere ai propri bisogni, libertà di praticare la religione in cui si crede. Addirittura, proprio in questi giorni, in Bahrein, il Papa ha chiesto che “la libertà religiosa diventi piena e non si limiti alla libertà di culto; perché uguale dignità e pari opportunità siano concretamente riconosciute ad ogni gruppo e ad ogni persona”.

È forte il grido di chi oggi domanda la libertà. Ma quanti conflitti esistono intorno ad essa e al suo esercizio! Basti pensare ai recenti dibattiti sulla legittimità dei rave party e sulle libertà ad essi connesse, piuttosto che alla tragedia di quei giovani morti perché qualcuno aveva esagerato nel suo diritto di assumere sostanze. Senza toccare poi il tema della libertà quando si parla di diritto alla vita. Cosa fare davanti a questi conflitti?

Siamo veramente di fronte all’esigenza di immaginare una società capace di darsi regole che nascano da un esercizio reale della democrazia, fatto di leale e coraggioso rispetto delle maggioranze, di umile uso del buon senso, di sincera passione per il pluralismo, di capacità di mediazione e, perché no, di compromesso. La storia passata e recente documenta che questi fattori hanno fatto il bene degli uomini. Hanno costruito. Ma di cosa parliamo quando usiamo il termine libertà?

La libertà è quasi un’evidenza. Non c’è bisogno di definirla. La si coglie nell’esperienza. Ma perché possa essere veramente quel bene di cui parlava Cervantes, occorre che essa “circoli” nella vita degli uomini, che sia il tessuto dei rapporti e delle relazioni, che sia stimata come il bene supremo, appunto come “il dono più grande”. Abbiamo bisogno di persone che la libertà la conoscano e ne abbiano gustato il sapore. I legislatori e coloro che le leggi devono far rispettare hanno sicuramente un compito grave e una responsabilità immensa. Il compito di ascoltare e leggere la realtà, di garantire gli spazi per tutti, di rispettare le diversità, di favorire la pluralistica risposta ai bisogni, di consentire a ognuno il diritto alla vita, all’educazione, al lavoro. Ma c’è qualcosa che noi, che non siamo né politici né legislatori né tutori dell’ordine, possiamo fare perché la libertà viva e si affermi?

Possiamo giocarci nel quotidiano la partita della nostra libertà e diventarne umili testimoni. Abbiamo un maestro da cui imparare le mosse di questa partita. Don Giussani, di cui quest’anno ricorre il centenario della nascita, è stato un grande amante della libertà, uno che sulla libertà pura aveva scommesso tutto, come amava dire, uno che aveva affermato “mandateci in giro nudi ma non toglieteci la libertà di educare”.

Ecco, don Giussani aveva ben presente che “la parola che definisce la grandezza dell’uomo rispetto a tutta la realtà è la parola libertà”. E aggiungeva: “la libertà è desiderio di una soddisfazione intera e compiuta”. È proprio questa soddisfazione che non possiamo smettere di ricercare, è su questo desiderio che non possiamo mollare. Uomini e donne che sanno cosa sia la libertà esistono. Sono gli ucraini scesi in piazza rischiando la vita per difenderla, sono le donne che in Iran rifiutano la repressione e l’ingiustizia, ma sono anche i malati e i disabili che testimoniano con la loro letizia che si può essere liberi anche su una carrozzina, sono quelle persone che nella semplicità del quotidiano sanno guardarti con la libertà di chi non ha niente da pretendere, ma ti vuole bene, e se può si fa compagno al tuo bisogno. Questa è la libertà che accade come esperienza e che val la pena seguire. Sono queste esperienze che custodiscono il bene della libertà perché non se ne perda il sapore e si possa costruire a partire da essa.

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