Arati Prabhakar non ricorda New Dheli, la città dov’è nata. È arrivata negli Stati Uniti quando aveva meno di quattro anni. Ora ne ha 63, con una lunga carriera come ingegnere specializzato nella ricerca energetica. Nonostante la sua lunga esperienza, la scorsa settimana non ha potuto nascondere la sua emozione quando ha annunciato che, finalmente, il Lawrence Livermore National Laboratory in California aveva realizzato il sogno a lungo accarezzato: una fusione nucleare ottenuta con un guadagno netto di energia.

La fusione nucleare è un processo in cui i nuclei di due atomi leggeri si uniscono per formare un nucleo più pesante. Per decenni si è lavorato per trasformare questo fenomeno, che si verifica all’interno del sole, in una fonte di energia pulita e quasi illimitata. La scoperta scientifica annunciata è molto importante. Ma ci sono molti ostacoli tecnici e ingegneristici alla fusione che ci può fornire l’elettricità di cui abbiamo bisogno nelle nostre case.

Certamente la fusione non sarà pronta per la transizione dai combustibili fossili alle energie rinnovabili prima che il pianeta diventi troppo caldo. I progressi si compiranno in altri modi. Prima della fine di questo decennio abbiamo bisogno di avere una capacità installata di energia rinnovabile di 10,8 terawatt ed è necessario duplicare quella attuale. L’Agenzia internazionale per le energie rinnovabili (Irena) afferma che l’obiettivo può essere raggiunto. C’è un potenziale non sfruttato.

La corsa per ottenere energia pulita e a basso costo dimostra, ancora una volta, che le risorse per risolvere i nostri bisogni sono elastiche, la domanda fa crescere l’offerta (per dirla in termini economici). Questo non significa, tutt’altro, che il progresso tecnico possa portarci a un momento di equilibrio e di totale soddisfazione. Anche i bisogni sono elastici, e tra bisogno e risposta ci sono fattori variabili (non automatici): impegno nella conoscenza e nella ricerca, lavoro, potere che può diventare un ostacolo. Per riassumere, libertà.

La differenza tra progresso scientifico e progresso culturale o morale (quello che ha a che fare con il bisogno di senso) è stata giustamente sottolineata. Il primo è cumulativo, il secondo non può essere accumulato perché dipende interamente dalla libertà, che è sempre nuova. Un’altra differenza essenziale: i bisogni energetici non sono infiniti, ma ciò che definisce il bisogno di significato è proprio il suo carattere illimitato. È un bisogno sempre presente, sempre impossibile da soddisfare. Ma anche qui la risposta al bisogno è in qualche misura elastica. Cresce o si sviluppa nella misura in cui l’impegno per la domanda è più intenso. La verità, che è fonte di energia per il progresso culturale, è sempre storica. Se non è nel presente, cessa di essere verità. Ecco perché non c’è niente di più frustrante per il bisogno di significato di una risposta fissata nel passato.

Ogni progresso nel campo morale richiede anche che la libertà acquisisca come propria la conoscenza accumulata (tradizione). Ma quel deposito non è nella storia. È assurdo sognare, per rispondere al bisogno di significato, che sia possibile tornare “al mondo che abbiamo perduto”. Spesso immaginiamo che a un certo punto nel passato ci sia stato un bivio e che ci siamo sbagliati o che altri hanno sbagliato. Abbiamo preso la strada sbagliata a causa di un errore o perché siamo stati costretti a farlo. La sinistra e la destra vogliono tornare a quel bivio in cui è iniziata la “decadenza”: al momento in cui la modernità è diventata razionalista, al momento in cui il capitale ha derubato il popolo di ciò che era loro, al momento in cui la sfida del nichilismo non era pressante, al momento in cui non c’era globalizzazione, al momento in cui il voto cattolico era unitario… L’elenco dei “momenti” è infinito.

Stiamo ingannando noi stessi. L’immagine che facciamo del tempo ci tradisce. Tendiamo a pensare che il tempo sia una linea, dietro di noi c’è ciò che è successo e il futuro davanti. Ma in realtà il tempo è un punto, c’è solo il presente (il passato e il futuro sono in quel presente). Il bivio a cui vogliamo tornare non esiste. Non possiamo tornare a riscaldarci con il carbone. C’è solo una libertà che nell’istante può verificare quanto elastica e flessibile sia la risposta al suo bisogno di significato.

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