Ride bene chi ride ultimo

Gesù dice per nove volte "beati!" a quelli che il mondo considera povericristi. Perché sarà loro la felicità di Dio. Ma già da oggi la trattativa è in fase avanzata

Il fatto è che, quaggiù, tutti, almeno una volta nella vita, sognano d’essere Dio: troppo sexy, per non caderci in braccio, la tentazione di potere tutto senza chiedere niente a nessuno.

Una volta resosi conto dell’andazzo, Dio capì che per riuscire a guardare dritto questo mondo storto era obbligato a comportarsi e ragionare in maniera storta rispetto al mondo. Fu così che, nella nudissima notte di Betlemme, in mezzo a milioni di uomini che sognavano di farsi Dio, Dio si fece uomo: mostrò d’essere il più grande bastiancontrario della storia.

Lo fece per ripicca? Macché! E’ che mettersi storto era l’unico modo per guardare dritto negli occhi il mondo che camminava storto, mettendosi di traverso per farlo cadere. Poi, divenuto tale, prese in braccio chi volle farsi prendere in braccio – gli amici – e fece loro la grazia della lucidità: di vederci il sole dentro le brume della loro età.

Iniziò con Dodici, a mo’ di esperimento: li chiamò in disparte, se li portò appresso, raccontò loro il racconto della sua storia. Poi, dopo averli rapiti e vederli tutti tremanti per la troppa bellezza, discese da dov’erano e “si fermò in un luogo pianeggiante“: lì, infatti, adocchiò l’occasione ghiottissima di fare la stessa identica proposta anche a “una moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone“. Praticamente c’era il mondo quel giorno. Il mondo storto, quello che Lui si era messo in testa di raddrizzare.

Cana – con le sue anfore d’acqua diventate damigiane di vino novello – in confronto a ciò che si udiva nel pianoro era stato ridotto a poco più che un brindisi. Qui, e non a Cana, sembrava davvero che il Cielo si aprisse e venisse giù la felicità intera, a disposizione di tutti i presenti. Per nove volte “beati!” quelli che il mondo, per tante volte, dice sfigatissimi: i povericristi, gli affamati, quelli coi lacrimoni agli occhi, gli odiatissimi, gli insultati, quelli presi a sputi in faccia.

Beati perché? Per una cosa che, adesso, pare solo un’utopia, quasi un palliativo per scordarsi di essere quello che si è: perché vostra sarà la felicità di Dio. “Praticamente, se non abbiamo capito male, Maestro, stai dicendo che sono beati quelli che non si aspettano niente dalla vita?” temo gli abbia chiesto qualcuno dei Dodici. E Lui, sempre in vena di dare ripetizioni, a confermare che avevano capito dritto: “È proprio così: siccome non si aspettano niente dagli uomini, non saranno delusi da Dio”. Domani, comunque. Oggi, nel frattempo, dovranno accettare il fatto d’essere battuti come dei cachi dagli altri: potranno, comunque, aggrapparsi al fatto che, domani, si prenderanno loro in eredità il Regno dei Cieli.

Già da oggi, però, riusciranno a capire che la trattativa è in fase avanzata: “L’insulto dei cattivi è già la consacrazione della vostra bontà, o gente maltrattata e oppressa”. Ce n’è per tutti, per tutti i gusti.

L’ultima beatitudine, a ben guardare, è potenzialmente cumulo e sintesi di tutte le altre: “Beati voi, quando vi odieranno, vi metteranno al bando, vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame a causa del Figlio dell’uomo (cfr Lc 6, 20-26). Quando sarete presi con le bombe, fatevi un bellissimo applauso: per tutti quei giorni che siete riusciti a non cadere per terra, perché “la vostra ricompensa è grande nel cielo“. E, comunque, tanti l’hanno già respirata quest’aria-contro: “Allo stesso modo, infatti, agivano i loro padri con i profeti“. Per il resto, quattro “guai!“: a chi s’è fatto ricco col sudore degli altri, a chi ha mangiato il pane a frodo, a chi ride perché al vicino gli piove dentro dal tetto. A chi è applaudito. Perché ride bene chi ride ultimo!

A ragionare così – ad alta voce, tra l’altro, e con quell’affluenza di pubblico non pagante – Gli consigliarono di abbassare i toni già dall’indomani: “Non posso tacere. Perché questo è ciò che vedo chiaramente dopo che mi son fatto storto per cercare di capirci qualcosa di questo guazzabuglio” risponde.

Non è che si capisca granché quando vede e parla da Dio. Resta il fatto che quelle parole sono così rapide, centrali e sintetiche che più d’uno sente di scottarsi: viene colpito nei suoi affetti particolari. D’altronde: tra tutti quei Beati! e tutti quei Guai! è impossibile non chiedergli: “Non è che stai parlando di me, vero?”. Figurarsi se parla di me!

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