Nessuno si era mai spinto fino a tanto: rovesciare i tavolini dentro il tempio sarà, a confronto, poco più che il getto d’un tovagliolo da un ospite all’altro della tavolata. Il lato scandaloso del comportamento del Cristoddìo è la sua proposta in materia di risposta al male.
Lui lo sa che, di fronte al male, sono tre le strade che s’aprono: il vendicarsi, lo scappare via, il non reagire. Non c’è nulla come la vendetta che possa render il mondo completamente cieco: a forza di occhio per occhio tutto il mondo diverrà orbo. E’ il sogno proibito del Male: far sì che tu ti renda dipendente da chi ti ha fatto del male, dandoti l’illusione che solo se farai soffrire il tuo persecutore tu sarai veramente libero dal male. Ci credeva anche Saulo di Tarso a questa barzelletta: poi, divenuto Paolo, capì che il suo, più che un errore, era da annoverarsi tra i tentativi falliti di felicità. Anni dopo, con parole di geniale ispirazione, girerà il mondo in lungo e in largo per testimoniare a tutti che la vendetta più crudele resta il disprezzo di qualsiasi vendetta possibile.
Altri pensano che scappare via possa essere la risposta più considerevole per disinnescare il Male. Non si accorge, invece, che darsi alla fuga davanti al nemico non fa altro che eccitarlo ancora di più, aumentando il livore e la brama di riuscire a metterti le mani addosso. Certe volte la paura della vendetta riesce a frenare la mano del violento; ma chi fugge, invece, è come se invitasse l’altro ad inseguirlo. “Figurati se mi becca!”. Magari hai pure ragione: non ti becca oggi ma domani, quando meno te l’aspetti perché la vendetta va servita fredda. E, appena ti reincontra, raddoppierà le pedate sul didietro. “Mica ho reagito: sono stato superiore a lui!”. Ma non t’accorgi d’aver trasformato la tua debolezza in complicità con il nemico, finendo per diventare complice di un male che non si riuscirà a domare.
Il brevetto del “secondo schiaffo” è invece il vero schiaffo alla malvagità: chi ti umilia, facendoti del male, si aspetta che tu ti vendichi o, nella peggiore delle ipotesi, che tu ti dia alla macchia. Se invece – è il ragionamento del Cristo – tu resti immobile ad aspettarti un raddoppio di schiaffo, l’avversario l’hai già vinto. Tutto s’aspettava eccetto quello di cui tu ti sei dimostrato capace.
Sul suo volto, se solo riuscissi ad incrociarlo, ti accorgeresti di un abbozzo di vergogna confusa. Di confusione vergognosa. È raggelato dall’immobilità, dal tuo indicargli precisamente anche il punto esatto nel quale andare a deporre la seconda sberla. Se è stato bestia per te, farai sentire alla bestia ch’è stata che tu sei più che uomo: raddoppio di uomo. Ognuno ha un’oscura ammirazione del coraggio altrui, soprattutto se questo coraggio non è fisico ma d’animo: “È roba da pazzi, Domeneddìo” gli diciamo, a bassa voce, quando sentiamo che Lui inizia a (s)ragionare così.
Un giorno, però, queste belle parole si faran d’acciaio: sarà detestato, spogliato, percosso, ucciso. Mentre le diceva, calcolò che un giorno avrebbe dovuto dimostrare col sangue dei fatti la magnificenza della sua teoria: quando lo misero con le spalle al muro, visse come aveva sempre sognato che il mondo vivesse. Fu così che nacque, nel mondo cristiano, l’idiosincrasia verso tale suggerimento: non solo fatichiamo ad osservarlo, ma nemmeno fingiamo di approvarlo. È il lato più insopportabile del Cristo dal pensiero insopportabile.
Che poi, alla fine, dice quello che, romanticamente, scriviamo nei muretti di città: “Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo”. Con le parole, però, si fanno i cruciverba e le parole crociate: è con i fatti che si cambia la storia. Ma che noi non ci crediamo tanto a Cristo, lo dimostra il fatto che diciamo di non fare agli altri ciò che non vorremmo fosse fatto a noi. Che pessimisti che siamo! Cristo: “Come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro“ (cfr Lc 6,27-38).
Noi diciamo di non fare il male che non vorremmo, Lui dice di fare il bene che vorremmo: che, a ben guardare, non è proprio la stessa cosa. E questa sua diversità di prospettive, a lungo andare, non è proprio questione di lana caprina.
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