Scuola, oltre lo smarrimento

Solo un'educazione che abbia l'obiettivo di far crescere, insieme, ogni singola persona e ogni gruppo è "produttiva". Alla scuola italiana serve una nuova cornice

“In questi trent’anni abbiamo inventato un sistema solare fatto solo di polveri cosmiche e di satelliti sperduti. Nessuna traccia di un sole al centro e neppure di qualche pianeta che dia un punto di riferimento” (R. Cotroneo, Niente di personale).

Quando la direzione del Sussidiario mi ha chiesto se ritenevo utile avviare una serie di articoli sui problemi e le prospettive del sistema formativo (e, per inciso, se avevo voglia di occuparmene e di coinvolgere nell’impresa qualche amico o collega che ritenevo avessero qualcosa di interessante da dire sul tema), prendendo spunto dall’attualità ma arrivando a considerazioni più generali, mi è venuta in mente la frase che ho messo all’inizio, anche se un breve articolo su di un quotidiano on line normalmente non prevede una citazione iniziale. Ma è da qui che secondo me bisogna partire: non solo abbiamo perso un centro di riferimento – di società acentrica o multicentrica i miei colleghi sociologi parlano da alcuni decenni –, ma il riferimento a un sistema solare fatto di “polveri cosmiche e satelliti sperduti” definisce benissimo la condizione di smarrimento, di sgretolamento direi in cui non solo viviamo noi adulti, ma in cui stiamo facendo crescere una generazione di giovani. Per uscirne, non vedo altra strada che un profondo, responsabile ripensamento del sistema educativo.

Parlare di “sistema” educativo vuol dire muoversi all’interno di una realtà interconnessa, in cui intervenire su un elemento li modifica tutti: ed è questa consapevolezza che è mancata in passato. Abbiamo avuto molte riforme, troppe secondo alcuni, ma sempre pensate a pezzetti, senza tenere conto di una visione d’insieme, e senza calcolare le condizioni di contorno che consentivano di realizzarle: l’ultimo esempio è stata la cosiddetta “buona scuola”, il cui tentativo, condivisibile o meno nella forma, ma certamente corretto nell’impostazione globale, è stato praticamente vanificato dai mille contrastanti interessi troppo frettolosamente sottovalutati.

Si è perso di vista da tempo il carattere di “bene comune” della scuola, che è diventata di volta in volta mercato del lavoro intellettuale per laureati in eccesso, luogo di cura dei piccoli per agevolare il lavoro delle madri, parcheggio per giovani in cerca di occupazione. Non sono, di per sé, obiettivi poco importanti, ma sono sfaccettature: un sistema incapace di valorizzare accanto alle conoscenze, alle competenze e al ruolo strumentale la condivisione di valori e motivazioni, attento a uno sviluppo globale della persona, indirizzato a una partecipazione critica e fattiva alla comunità, in cui ognuno possa sviluppare i suoi particolari talenti, rischia di essere non solo inutile, ma dannoso.

Avere una visione organica e positiva del ruolo del sistema educativo sembra oggi un atteggiamento da anime belle, lodevole, ma – per carità! Di che cosa stiamo parlando? – sostanzialmente poco “produttivo”, posto che a questo non si deve rinunciare: ma in una società continuamente a rischio, come gli ultimi due anni ci hanno anche tragicamente mostrato, solo un’educazione che abbia l’obiettivo di far crescere, insieme, ogni singola persona e ogni gruppo, associazione, organizzazione, società in cui queste persone vivono, a cominciare dalla famiglia, è “produttiva”, nel senso etimologico della parola, ci “porta avanti” culturalmente, politicamente, economicamente. Senza, le polveri cosmiche e i satelliti smarriti non solo non si ricomporranno intorno a un centro, ma precipiteranno in un vuoto silenzioso e insensato.

Per questo penso che valga la pena di iniziare, su queste pagine, un dialogo con persone in grado di mettere a fuoco alcuni temi e problemi, concreti e quotidiani, con cui si confrontano la scuola, la formazione professionale, l’università. Per cercare di costruire, se non un quadro, una cornice in cui, faticosamente, iniziare a dipingere il quadro.

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