Russia, guerra e democrazia

La guerra che la Russia ha scatenato contro l'Ucraina mette in luce un fattore fondamentale riguardante la natura della democrazia

La guerra che la Russia ha scatenato contro l’Ucraina, insieme alla tragedia per milioni di esseri umani innocenti, mette in luce un fattore fondamentale riguardante la natura della democrazia.

Per tanto tempo, nel cosiddetto mondo libero, si è fatto coincidere “democrazia” con “libere elezioni”. Le istituzioni internazionali, infatti, monitorano la regolarità del processo attraverso cui la popolazione elegge i suoi rappresentanti.

La Russia è uno dei casi in cui si dimostra che le elezioni libere sono una condizione necessaria ma non sufficiente per la democrazia.

Nella sua lunghissima presidenza, Vladimir Putin ha incarcerato oppositori ed eliminato giornalisti e persone scomode. Ma i russi lo hanno sempre eletto a grande maggioranza, ammaliati, secondo molti osservatori, dal suo intento di ricostituire l’integrità e il prestigio internazionale della grande Russia, progetto stupidamente umiliato dal mondo occidentale.

Putin non è un caso isolato. Il turco Recep Tayyip Erdogan, che vuole rilanciare l’impero ottomano, l’ex presidente del Venezuela Hugo Chávez e il suo successore Nicolás Maduro, con il loro populismo, governano con il consenso della maggioranza dei loro concittadini. Non dimentichiamoci mai che Hitler andò al potere vincendo regolari elezioni.

Per questo, il principale fattore di democrazia è costituito dalla possibilità di essere informati, e ancora di più, di conoscere e sviluppare capacità critica e di valutazione.

Nel nostro Paese, storicamente, l’appartenenza ai grandi soggetti collettivi (i partiti di massa, la Chiesa, i sindacati) ha costituito la principale fonte di consapevolezza, formazione e partecipazione delle persone alla vita pubblica.

È vero che il dilagare di modelli culturali individualisti e utilitaristi sta mettendo in crisi la rappresentanza e quindi la coesione di tutto il sistema, ma l’impronta è ancora presente.

In Russia, invece, per quanto le difficili condizioni economiche e politiche obblighi una parte significativa della società ad auto-organizzarsi, la popolazione non è riuscita a costituirsi in realtà sociale strutturata, restando ripiegata in un rapporto di difesa o paternalistico con lo Stato.

Nella visione spirituale ortodossa russa, inoltre, non è prevista la separazione tra religione e potere statale. E quindi il potere politico non è controbilanciato nemmeno dal rapporto con la Chiesa.

L’individuo isolato è sempre ricattabile e influenzabile dal potere di turno.

L’antidoto a ogni prevaricazione è mettersi insieme per motivi sociali, culturali, religiosi, economici, artistici, di prossimità geografica. È, in altre parole, generare comunità, aggregazioni sociali o corpi intermedi, come luoghi di educazione al giudizio sulla realtà, vale a dire al paragone tra ciò che si incontra nella realtà e il desiderio di verità, di giustizia, di bellezza che costituisce la radice del cuore. Diventano così i veri baluardi della democrazia.

Nelle società occidentali il più importante corpo intermedio è costituito dall’appartenenza religiosa. Non senza errori, contrasti, addirittura guerre, si è imposta nel tempo la separazione tra Chiese e Stati che impedisce ogni tentazione teocratica, strumentalizzazione politica e l’imposizione della fede con la forza.

In ambito cattolico, ad esempio, il Papa e i Vescovi sono contro ogni dittatura e ogni tentazione di violenza in qualunque parte del mondo. Per questo, pur non rinnegando le libertà occidentali, la Chiesa ha avuto il coraggio di manifestare il dissenso rispetto alla sciagurata politica estera dei Presidenti americani, sia democratici che repubblicani, e le loro guerre “sante” in Afghanistan, Iraq, Libia capaci di generare solamente disordine in cui violenza, guerre e guerriglie che non finiscono mai.

Ma ci sono altre ragioni per cui la partecipazione alla vita dei corpi sociali (sussidiarietà) è baluardo di democrazia. Essa è all’origine di opere che rispondono ai bisogni delle persone e perciò è più capace di mostrare il limite di un approccio top-down, che non tiene in conto adeguatamente i bisogni delle persone e non valorizza la loro capacità di iniziativa.

E ancora: la cultura sussidiaria vissuta nei corpi intermedi educa a percepire che l’altro è un bene e perciò a capire cosa sia il bene comune. Da questa esperienza nasce anche la consapevolezza che a una nazione non serve un uomo solo o un’oligarchia al comando per decenni con la giustificazione che in questo modo è garantita la stabilità di un governo.

Questo è il cuore del problema: nei Paesi dove emergono dittatori, anche attraverso elezioni, sono quasi del tutto assenti i corpi intermedi.

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