Conosciamo bene la Giuditta biblica per il truce episodio che l’ha consegnata alla storia: per salvare il suo popolo messo sotto assedio dall’esercito assiro, con l’inganno aveva decollato il loro comandante supremo, Oloferne. L’episodio ci è ben noto perché proposto da tanti capolavori della storia dell’arte, da Donatello fino a Gustav Klimt. L’opera più celebre è certamente quella di Caravaggio, che pochi mesi fa a Roma è stata al centro di una mostra affascinante, curata da Cristina Terzaghi, che ha indagato questo soggetto diventato diffusissimo nella pittura del 600.
Perché parliamo di Giuditta? Perché è stato il Papa a riproporne la figura all’interno della catechesi che in queste settimane sta dedicando al tema della vecchiaia. Giuditta è protagonista di uno dei più brevi libri della Bibbia, per la gran parte è dedicato alla sua impresa e che solo nelle ultime battute si sofferma della sua lunga seconda parte di vita.
Giuditta era rimasta vedova giovane di Manasse, morto, racconta la Bibbia, per insolazione nella stagione della mietitura dell’orzo. Era una donna «avvenente di aspetto»; ma fedele alla sua condizione se ne stava sempre in casa con «i fianchi cinti di sacco e portando le vesti delle vedove». Quando era venuta a sapere che i capi della città di Betulia, davanti a una popolazione esasperata per la mancanza di acqua, avevano deciso di arrendersi agli assedianti, aveva preso in mano la situazione.
Naturalmente leggendo il libro (come il Papa ha incoraggiato a fare), le assonanze con l’attualità emergono in modo evidente. C’è il sopruso di un assediante, c’è un leader nemico violento e disposto a tutto per ottenere ciò a cui sta puntando, c’è chi non ci sta a cedere.
Giuditta è appunto quella che non ci sta. Convince i capi della città a farle mettere in atto ciò che ha in mente e che ovviamente tiene per sé. Gioca l’arma che ha disposizione, la sua straordinaria bellezza, per piegare l’esercito degli assiri. Si presenta all’accampamento nemico, con una strategia sofisticata: dice di voler punire il suo popolo, che ha «deliberato di mangiare quanto Dio aveva vietato… e di dar perfino fondo alle decime del vino e dell’olio». Insomma, si mostra credibile nella sua ultra ortodossia. Il resto lo fa il suo fascino che mette in trappola Oloferne. «Sento dilatarsi la vita in me, più che tutti i giorni che ho vissuto», dice all’ignaro comandante, il quale scambia quelle stupende ma drammatiche parole per una dichiarazione d’amore. Giuditta riesce nel suo piano. Decapita Oloferne completamente annebbiato dal vino e con la sua fedele serva torna a Betulia portando con sé la testa del nemico. L’esercito assiro impanicato, va allo sbando; il popolo di Giuditta è salvo.
Quanto a lei, la Bibbia ci assicura che continuò a rifiutare i tanti pretendenti e, arrivata avanti con l’età, pianificò con saggezza la sua vecchiaia. Ed è su questa stagione del tutto secondaria della sua vita che il Papa ha puntato invece l’attenzione: «Proprio nella sua vecchiaia, Giuditta “concesse la libertà alla sua ancella preferita”. Questo è segno di uno sguardo attento e umano nei confronti di chi le è stato vicino. Questa ancella l’aveva accompagnata al momento di quell’avventura per vincere il dittatore e sgozzarlo. Da vecchi, si perde un po’ di vista ma lo sguardo interiore si fa più penetrante: si vede con il cuore». Poi conclude Francesco: «Da giovane si era conquistata la stima della comunità con il suo coraggio. Da anziana, la meritò per la tenerezza con cui ne arricchì la libertà e gli affetti. Giuditta non è una pensionata che vive malinconicamente il suo vuoto: è un’anziana appassionata che riempie di doni il tempo che Dio le dona». Giuditta, una donna per questi nostri tempi…
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