La politica del rancore è dolce come un veleno che fossilizza le vene, intorpidisce l’anima e satura il fegato. La politica del rancore è sempre astratta, non parte, come la buona politica, da qualcosa di concreto, da qualcosa che si sta già costruendo. La buona politica non è figlia del risentimento, nasce da una certa gratitudine, da una certa sorpresa perché ci sono altri, altre persone che non sono come noi. Nasce dalla necessità di rispettarli, di affermarli, di costruire con loro.
La buona politica parte dal presente, non dal sogno di tornare al passato, o da un futuro utopico (da qui nasce la violenza). Non incoraggia il cinismo e il volontarismo, non è malinconica. La buona politica non trasforma il sogno di una nazione “realmente sovrana” nella soluzione a tutti i mali. Perché sa che l’unico modo per preservare una certa sovranità, una certa libertà, di fronte all’impero del denaro, di fronte agli invasori, è essere più europei.
Dopo il Covid e la ricomparsa di un mondo violento e multipolare, è difficile trovare ciascuno dei 27 Paesi dell’Ue sulla mappa. Nulla della loro capacità di autodeterminarsi rimarrebbe in piedi se l’Europa non si fosse mossa timidamente verso un certo federalismo. La politica di destra, molto di destra, ora rivendica quella che chiama la “filosofia dell’identità” e la superiorità morale. Questo era già stato inventato dalla sinistra per difendere i neri, le donne, le minoranze, gli omosessuali. Ora la filosofia dell’identità, che è sostenuta dalla destra, consiste nel difendere coloro che vogliono che la nazione sia grande, gli spagnoli e i “veri” italiani, quelli che non sono musulmani, quelli che sono bianchi, quelli che sono sempre stati qui.
La cattiva politica è come i cattivi amici: anestetizza, crea nemici per potersi giustificare e per evitare ogni responsabilità, per alimentare la pigrizia della ragione e l’ottusità dell’affetto. La cattiva politica parla a nome del popolo. Dice che vuole riconquistare il potere popolare e mandare in pensione burocrati e politici professionisti. La democrazia, per fortuna, non è il regime del popolo. In Spagna e in Italia ricordiamo bene cosa significa. La democrazia, per salvaguardare la sovranità popolare, ha complessi contrappesi istituzionali, canali e limiti costituzionali.
Il dolce veleno entra nelle vene promettendo un mondo più semplice, un mondo dove si lavora la terra o si va in fabbrica per assemblare e vendere prodotti nazionali. Come se fosse possibile, come se dopo decenni di istruzione mediocre, molte lamentele e poco rinnovamento produttivo fosse possibile.
Sì, la guerra porterà una certa “deglobalizzazione”, ma pensare a un’economia non globalizzata è una chimera. È cercare un capro espiatorio, è manipolare il disagio, è prendere le distanze ancora di più dalla realtà. È come incolpare i migranti per la perdita del potere d’acquisto della classe media, per la precarietà del lavoro, per l’aumento della criminalità. Poi, quando nei campi si devono fare i raccolti, è necessario portarli urgentemente.
No, il divario causato dall’avanzata del mondo digitale, la vertigine di fronte a una società culturalmente diversificata, le molte frustrazioni e lo smarrimento generati da una rapida trasformazione non si risolvono con semplici ricette. L’incapacità di entrare nel complesso e la paura del diverso sono sintomi di una società debole.
La colpa è sempre degli altri. La politica del rancore promette di salvare la tradizione giudaico-cristiana quando la tradizione ha semplicemente cessato di esistere perché non è più trasmessa. È una contraddizione che un partito o un Governo promettano di recuperarla. È come quando si parla delle radici della civiltà occidentale, così profonde che non possono fiorire.
Come consuetudine ormai, c’è sempre un partito che vuole incarnare lo Stato, cambia nome ma è sempre lo stesso. Fare alleanze con la cattiva politica e sostenerla è controproducente. È la formula migliore per raccogliere un fallimento, politicamente parlando. È tipico di chi ha l’ingenuità di pensare che dall’alto si cambia l’uomo, l’ingenuità di sostenere che certi partiti e certi governi aprano spazi di libertà. Gli spazi di libertà si aprono sempre dal basso.
Sostenere i politici del rancore, sperando che quando arriveranno al governo lasceranno cadere qualche briciola dal tavolo a cui siedono, significa vendersi molto a buon mercato e non sapere come vanno le cose. Sostenere la politica del rancore è un cattivo affare se si vuol davvero cambiare qualcosa. Per favorire il cambiamento bisogna essere realisti. Non conviene fare molto rumore, altrimenti chi ha davvero il potere si sente minacciato. Molte parole magniloquenti, spesso vuote, e molta gesticolazione suscitano sospetti e non cambiano nulla. Sventolare valori come bandiere è confondere il vento con il mulino, è confondere il nome delle cose con le cose stesse. La vita è l’unica che si trasforma, l’unica che si apre la strada.
Meglio pregare per l’imperatore. Meglio essere discreti in modo che il cambiamento vada avanti senza molti ostacoli. Sostenere la cattiva politica non conta quando si vuole incidere nella storia, incidere veramente.
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