Alexandr si era trasferito a San Francisco a 17 anni per essere più vicino alla Silicon Valley. Non ha finito il college e continua a indossare le sue spensierate t-shirt da giovane imprenditore. Ma ora è, a 25 anni, Mr. Alexandr Wang, uno dei nuovi ricchi del mondo digitale con un patrimonio netto di 1 miliardo di dollari. La sua azienda, Scale AI, vende la migliore Intelligenza Artificiale per l’elaborazione dei dati. È possibile che Mr. Wang continui a far soldi e che Scale AI diventi una società oligopolistica o monopolistica, come Google o Facebook, ma non sentiremo la sinistra progressista americana lanciare critiche sulla concentrazione in poche mani del capitalismo digitale.
La sinistra progressista è sempre meno di sinistra e più progressista. La sua priorità è “ridurre i danni” causati dalla supremazia bianca, dal patriarcato, dal classismo, dalla fatfobia, dalla transfobia, dall’omofobia, dalla xenofobia e da tutti i meccanismi di oppressione che dominano il nostro modo di vivere le relazioni sociali. L’obiettivo ora è quello di soddisfare le esigenze di rappresentazione della diversità e cancellare, nel presente o nel passato, chiunque osi metterle in discussione. È ciò che alcuni chiamano l’ideologia woke. La lotta per l’uguaglianza sociale e la giustizia è passata in secondo piano.
Anche la destra non ha un chiaro ideale economico. Il consenso socialdemocratico si è diffuso (vedremo cosa succede ora che finanziare il debito pubblico sarà più costoso) al di là delle differenze ideologiche. C’è una destra culturale interessata alle questioni culturali – normalmente alla destra interessano poco questi temi – che ha formato un fronte anti-woke. Ci sono Governatori negli Stati Uniti che hanno fatto dell’opposizione al “progresso” la loro bandiera. Ecco perché la creazione di una nuova università ad Austin ha avuto così tanta eco: i suoi promotori vogliono creare uno spazio di vera libertà in cui non si impone il politically correct. A questo tipo di iniziative si aggiungono persone di sinistra non progressista e cattolici ossessionati dalla possibilità di invertire dall’alto la “dissoluzione antropologica”.
Il problema è che la cosa più vicina al woke è l’anti-woke. Accade quel che è successo in alcune aree europee dopo il maggio del 1968. Molti sentivano il bisogno di costruire un sistema e sviluppare una cultura, anch’essa egemonica, che sfidasse la penetrazione del neo-marxismo. I trotskisti divennero neo-liberali e poi neocon. Si comportavano come i neo-marxisti (molti erano gli stessi). Un movimento reattivo, basato sulla dialettica degli opposti, è sempre troppo simile alla tesi contro cui combatte. Stiamo di nuovo assistendo a reazioni non originali.
Probabilmente la diffusione del woke e il tentativo di frenarlo con il movimento anti-woke è in gran parte una battaglia tra élite. Non bisogna sottovalutare la capacità di influenza del mondo accademico, dei media e delle altre industrie culturali. Ma accade ancora che al di là delle teorie di genere o della rivendicazione dell’oggettività biologica nella determinazione del sesso, la vita quotidiana percorra altre strade. La vita quotidiana oscilla tra il rimprovero e un’attesa nascosta risvegliata da un colpo, da una luminosa insoddisfazione, da una ricompensa raggiunta.
Il rimprovero non è solo nei riguardi del padrone, del sistema politico, delle ingiustizie subite, è contro la vita. Il rimprovero ha la sua origine, sicuramente inconscia, nel considerare una tragedia l’essere nato. Nascere significa avere fame di tutto, voler possedere tutto e pensare, con più o meno consapevolezza, che la promessa non si compia, che si sia stati “licenziati” dal nulla e che prima o poi ci si ritornerà. E in quel momento, con più o meno consapevolezza, si pensa anche di essere completamente soli.
Il confine tra rimprovero e attesa è una linea sottile che si attraversa quasi inconsciamente. La fame iniziale è la stessa. Sul lato dell’attesa, tutto è uguale. Anche lì si è quasi nulla. Ma un dolore, una gioia, il colpo di un buon amico o di un buon nemico fa vedere che le circostanze costringono solo chi ha già scelto. Succede qualcosa che fa rileggere la fame nativa non come una condanna, ma come una compagnia. E, essendo davvero nulla, si accetta la possibilità che l’attesa non sia assurda. Si accetta che, non essendo quasi nulla, si possa ringraziare l’universo ricevuto e non conquistato, si possa ricevere se stessi e ricevere il tempo, cioè il presente, come uno splendido dono.
L’alternativa non è tra accettare il woke o combatterlo. L’alternativa è tra rifiutare di nascere o sperare di essere generati, di nascere. Alexandr, con il suo miliardo di dollari, è come il povero mendicante per strada, di fronte alla stessa alternativa.
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