Siamo sorpresi dalla crisi alimentare dovuta alla mancanza di grano. La sua origine non è solo nella guerra in Ucraina, ma anche nel funzionamento del mercato mondiale dei cereali: un mercato dei futures (in cui è facile speculare) con sede a Chicago. E anche se siamo sorpresi, il tutto ha una sua logica: ha molto a che fare con il nostro modo di intendere noi stessi e l’economia.
Siamo sorpresi che la rivoluzione digitale abbia creato grandi monopoli. Ci colpisce la nostalgia per uno Stato forte, per un uomo forte. E tutto ha una sua logica. È la conseguenza di intendere il mondo, cioè gli uomini, come vittime di un avvelenamento definitivo, di una corruzione ereditata geneticamente e accresciuta dal male dei tempi, dalle nuove e vecchie ideologie. È la conseguenza di attribuire al potere una capacità illimitata di portare l’uomo fuori dal suo centro. Chierici, intellettuali e moralisti sono diventati profeti di una calamità insuperabile. È una forma di pigrizia, un modo di difendersi per non dover essere attenti, non guardare, non cercare, considerare la questione risolta: non c’è centro che resista al decentramento.
L’avvelenamento è così profondo che tutte le aspirazioni, compreso il desiderio di giustizia, sono distorte. Non dobbiamo fidarci di queste aspirazioni perché portano all’eccesso, non dobbiamo fidarci del desiderio di giustizia perché marcisce immediatamente. È ciò che predicano chierici, intellettuali e moralisti. Fortunatamente i Rolling Stones continuano a cantare I can’t get no satisfaction. Il centro resiste in questo malessere.
C’è una differenza essenziale tra essere feriti ed essere corrotti. La ferita guarisce, fa male, è domanda (e segno muto) di una possibile guarigione. L’uomo ferito attende una soluzione e se non se l’aspetta quando appare il rimedio lo riconosce. Ma gli intellettuali dicono che il potere ha avuto un successo assoluto: nella notte dell’impotenza e della sofferenza non è più possibile riconoscere la luce che viene dal malessere. Il malessere segnala che il centro è vivo. Quando tutto sembra niente, il desiderio di una qualche forma di soddisfazione rompe la noia. Ma chierici, intellettuali e moralisti sostengono che questo non conta. L’impulso è avvelenato, dicono, e la prova è che tanto desiderio genera grandi errori: mancanza di attenzione, confusione sessuale, identità contrastanti, rifiuto dell’eredità morale… l’elenco è lungo. Non sembrano rendersi conto che tutto questo movimento nega che la corruzione sia assoluta. Tutto questo movimento pieno di errori, alcuni con conseguenze molto dolorose, è la conferma che il centro è indissolubile. Siamo feriti, ma non disintegrati.
Cerchiamo molte volte alla cieca, ma c’è qualcosa in noi e negli altri che resiste, qualcosa di strano, qualcosa di misterioso. Quando si parla tanto della debolezza della condizione umana e della malvagità dei tempi non resta che promuovere uno Stato forte. L’idea che il veleno sia universale semina dubbi sul contributo che individui e gruppi di persone possono dare allo sviluppo sociale, alla lotta per la giustizia. I cambiamenti numericamente irrilevanti ma illuminanti sono sottovalutati, perché si pensa che l’oscurità universale non possa essere dissipata con piccole luci che hanno nomi e cognomi. Se si considera che il deterioramento è irreversibile, non c’è altra scelta che mettere ordine o sostenere uno Stato forte (cosa impossibile dopo la globalizzazione) o una buona organizzazione in cui l’obbedienza è alimentata dalla paura della disintegrazione. È già noto che quando si predica molto sulla corruzione umana, un principe tedesco sembra sempre risolvere la situazione. Un principe tedesco, un ecclesiastico, un intellettuale o un moralista.
Quando si pensa che non c’è impulso o centro nell’uomo che non sia stato decentrato, si conclude che tutti i suoi atti sono egoistici. E si vive come se il vero motore della storia fosse l’interesse particolare. Quindi, per favorire un certo tipo di progresso, si loda quell’egoismo e viene detto che una mano invisibile sotto forma di mercato trasforma il male in bene. La somma degli egoismi individuali è uguale alla ricchezza generale. Ma l’equazione non torna. Manca il grano.
L’assolutizzazione dello Stato e del mercato hanno la stessa radice: la corruzione della natura umana come dogma. Ecco perché tornano gli autocrati, tornano i monopoli. Ai profeti della calamità farebbe bene abbandonare per un attimo la propria salmodia di lamenti, la pigrizia che li esime da ogni curiosità e seguire con attenzione il tour dei Rolling Stones in Europa (l’ultimo?). I can’t get no satisfaction. Insoddisfazione luminosa.
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