“Educare… non è mai stato facile, e oggi sembra diventare sempre più difficile. Lo sanno bene i genitori, gli insegnanti, i sacerdoti e tutti coloro che hanno dirette responsabilità educative. Si parla perciò di una grande “emergenza educativa”, confermata dagli insuccessi a cui troppo spesso vanno incontro i nostri sforzi per formare persone solide, capaci di collaborare con gli altri e di dare un senso alla propria vita” (lettera del santo padre Benedetto XVI alla diocesi e alla città di Roma sul compito urgente dell’educazione, 21 gennaio 2008).

Papa Francesco, in occasione dell’incontro Global Compact on Education. Together to look beyond, nel videomessaggio del 15 ottobre 2020 è arrivato a parlare di catastrofe educativa.

Prima dell’esplodere della pandemia, con il Messaggio del 12 settembre 2019, il Papa aveva lanciato la proposta di “promuovere un evento mondiale nella giornata del 14 maggio 2020, con a tema “Ricostruire il patto educativo globale” allo scopo di “unire gli sforzi in un’ampia alleanza educativa per formare persone mature, capaci di superare frammentazioni e contrapposizioni e ricostruire il tessuto di relazioni per un’umanità più fraterna». Ma il Covid ha costretto a cancellare l’evento mondiale.

Il cardinal Ruini, direttore del Progetto culturale della Chiesa italiana, ha approfondito le cause della crisi educativo-formativa così specificandole nel suo intervento dal titolo Identikit di un’emergenza inevitabile, Collegio San Carlo, Milano, 2009:

– la dittatura del relativismo che ha tolto all’uomo “la luce e la certezza della verità al punto che, anche e particolarmente in ambito educativo, lo stesso parlare di verità viene considerato pericoloso e autoritario”;

– l’atmosfera nichilista “capace di un influsso pervasivo di cui forse non siamo abbastanza consapevoli”;

– il naturalismo che si propone di ridurre l’uomo ad “un risultato dell’evoluzione cosmica e biologica”.

Possiamo quindi affermare che alla base della questione educativa vi è la questione antropologica e cioè la definizione del soggetto uomo.

Il cardinale Scola nell’articolo “Un patto educativo per gli adulti di domani”, (Il Sole 24 Ore, 31 marzo 2012, p. 20) correla queste cause con l’attuale difficoltà di educare da parte di molte famiglie, in quanto “La famiglia si trova quotidianamente a fronteggiare situazioni rischiose che richiedono la messa in campo di risorse valoriali, personali e relazionali non sempre facilmente reperibili entro il contesto di solitudine e di frammentazione nel quale le famiglie stesse vivono”.

Il rischio della delega dell’educazione dei figli

La complessità delle relazioni tra genitori e figli dipende anche dall’influenza progressiva delle tecnologie e del mondo virtuale, che aprono nuovi orizzonti alle giovani generazioni, ma spesso le allontanano dalla conoscenza di sé e da rapporti umani duraturi. Questo insieme di fattori unito all’imporsi delle ideologie dominanti sul gender e all’esposizione alla schiavitù dalle dipendenze induce spesso i genitori a delegare il compito educativo ad altri: lo Stato, la scuola, realtà aggregative di vario tipo, professionisti ed esperti negli ambiti sensibili come l’educazione affettiva e l’utilizzo dei social.

Inoltre, i media mostrano la famiglia come viziata da visioni del mondo superate, da retaggi tradizionali, da posizioni religiose ideologiche. In sintesi: arretrata rispetto alle esigenze della cittadinanza democratica che abita le società laiche.

Esiste ancora una forza educativa della famiglia?

“La forza educativa della famiglia… è insita nelle relazioni che la costituiscono, nelle quali il padre e la madre conferiscono senso alle cose, accolgono il figlio accettandolo nella sua umanità irripetibile ed innestandolo contemporaneamente in una storia che lo precede” (mons. M. Camisasca, Educare ancora, Discorso alla città e alla diocesi in occasione della Solennità di San Prospero, Basilica di San Prospero, Reggio Emilia, 24 novembre 2018).

Come fronteggiare l’emergenza educativa?

Alcuni tentativi di diversa natura offrono indicazioni al proposito.

– La legge 107/2015. La riorganizzazione dei servizi introdotta dalla legge 107/2015, nota come “La Buona scuola”, e il conseguente Dlgs 65/2017 offrono un tendenziale contributo positivo in tal senso, ridisegnando il sistema dei servizi per la prima infanzia dal punto di vista sia strutturale sia culturale, creando un sistema integrato di educazione e di istruzione e riattivando una relazione di collaborazione con le famiglie, di cui i servizi educativi diventano alleati fondamentali  rispetto alla sfida della genitorialità, dando impulso alla logica della partecipazione e co-produzione dei servizi.

– L’iniziativa delle famiglie che genera diverse realtà scolastiche. Significative in questo senso sono le scuole cooperative cattoliche legalmente riconosciute promosse da gruppi di famiglie, coscienti della responsabilità educativa nei confronti dei propri figli. Esse intendono offrire loro e – idealmente a tutti – una formazione scolastica e umana concorde con quanto proposto e vissuto nell’ambito famigliare.

Questa responsabilità educativa della famiglia si colloca nel solco della grande tradizione della Chiesa. Sono scuole (dell’infanzia, primarie e secondarie di primo e secondo grado) interamente gestite da laici in attuazione di quanto stabilito nell’articolo 30 della Costituzione: “È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli”.

Nell’edificazione giorno per giorno di una scuola la famiglia esprime così la sua dimensione pubblica come soggetto attivo nella costruzione della società civile, riconoscendo il proprio compito educativo come contributo fondamentale al bene comune.

La forma cooperativa risponde a due esigenze fondamentali: favorisce un maggior coinvolgimento e una corresponsabilità di tutti i membri della comunità educante e sottolinea il carattere sociale e senza fini di lucro della scuola. (cfr. Le scuole “La Zolla” da 50 anni).

Le scuole parentali cattoliche sono “Lo strumento educativo che… negli ultimi anni ha saputo ben corrispondere alle necessità educative delle comunità che non sono più state in grado di trovare, in altre istituzioni educative, la giusta corrispondenza con le necessità di crescita spirituale, formativa e culturale dei figli” (L. Pingani, “Scuole parentali cattoliche: strumento innovativo nel solco della Dottrina sociale della Chiesa”, in Bollettino di dottrina sociale della Chiesa, Osservatorio Internazionale Cardinale Van Thuan, n. 11, gennaio-marzo 2019, pagina 6).

“È una decisione radicale e consapevole dei genitori che comunicano allo Stato: di voler provvedere direttamente all’istruzione dei propri figli così come previsto dall’articolo 30 della Costituzione Italiana; di prendersi la responsabilità dell’assolvimento dell’obbligo scolastico dei figli; di avere i requisiti e i mezzi idonei (anche economici) per impartire tale istruzione ai propri figli” (ibidem, pagina 7).

“La scuola familiare, in sintesi, è frutto della decisione dei genitori di adempiere alla responsabilità di istruzione della prole; possono assolvere a questa responsabilità personalmente, oppure aiutati da qualche altro genitore, oppure incaricando uno o più tutori, o anche organizzandosi con altri genitori” (L. Pingani, “Home schooling: a mio figlio insegno i miei valori”, in La Nuova Bussola Quotidiana, 3 maggio 2013).

Questi esempi indicano concrete possibilità che le famiglie adempiano al proprio compito educativo in uno scenario culturale e istituzionale molto problematico.

In tal modo “L’educazione prolunga e porta a compimento l’atto del ‘mettere al mondo’, iniziato con l’evento della nascita” (Camisasca, ibidem).

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