In Veneto i bandi del piano di sviluppo rurale continuano ad andare deserti. Sono 70 i milioni complessivi di fondi europei che la Regione ha messo in offerta esecutiva dall’inizio del 2022 su diversi fronti strategici dell’agricoltura, con focus sull’innovazione sostenibile. Una parte è espressamente rivolta a neo-imprenditori verdi, in primo luogo i giovani. Niente da fare: di proroga in proroga si è giunti a fine maggio, ma i soldi europei sono ancora fermi agli sportelli regionali, dove nessuno o quasi si è presentato con progetti d’investimento. Eppure il Veneto è un hub dell’agroindustria globale e l’economia primaria contribuisce in modo determinante al Pil regionale La rete delle imprese venete ha generato nel 2021 un valore alla produzione di 6,4 miliardi, in ripresa rispetto all’annus horribilis del Covid.

Mentre aumenta il rischio che gli aiuti vadano persi per scadenza dei termini burocratici, gli imprenditori agricoli non fanno troppo mistero sulle cause di questo anomalo “sciopero dell’investimento”, di cui i primi contrariati e preoccupati sono loro stessi. Le associazioni di categoria sono giunte a derubricare il pressing consueto verso la Pa perché incontri di più le esigenze di tempi e procedure operative delle imprese. No, stavolta se la scintilla non scatta l’efficienza/efficacia delle politiche agricole regionali c’entra poco. È stata la guerra ucraina che ha gravemente minato la fiducia che si stava gradualmente rigenerando anche nel settore agricolo dopo la pandemia. È stata la spirale inflattiva che il conflitto in Est Europa ha ulteriormente avvitato a mandare in pezzi i bilanci delle aziende verdi. A sconvolgere i conti delle imprese esistenti che stavano costruendo ipotesi di sviluppo; e anche i business plan delle start-up che stavano germinando anche sulla scia di trasformazioni socioeconomiche come lo smart working o le cosiddette “grandi dimissioni”.

I costi fuori controllo e la totale incertezza sui ricavi possibili in un mondo che si va deglobalizzando sono un muro che ostacola la gestione fino ad arrestarla e impedisce ogni visuale alla strategia. E l’imprenditore che non investe neppure se l’Europa e la Regione si offrono come partner è suo malgrado il protagonista-testimonial di un principio di “disruption” sistemica.

Qualche giorno fa il segretario al Tesoro Usa Janet Yellen – ex Presidente della Fed – ha ammesso davanti al Congresso di aver sbagliato previsioni sulla traiettoria stagflattiva divenuta improvvisamente realtà o quasi. Si è assunta una responsabilità certamente condivisa con decine di altri ministri delle finanze e soprattutto con capi di Stato e di governo (a cominciare da Joe Biden).

Fra miliardi di cittadini del mondo – e gli ucraini sono sicuramente quelli che stanno soffrendo di più – anche gli agricoltori veneti attendono “previsioni” più corrette: non solo sui prezzi del gas e del petrolio. Per ricominciare a investire e assumere, aumentando la sostenibilità ecologica delle loro produzioni.

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