“Si era reso conto, inquieto, che ciò che non sopportava era la caducità stessa; l’idea che qualsiasi cosa, qualunque cosa fosse, sarebbe finita; ciò che non sopportava era una delle condizioni primordiali della vita”. È uno dei pensieri che aggredisce Paul, il protagonista principale di “Annientare”, il libro di Houellebecq. In poche righe appare la bruciatura nuova e vecchia, quella che attraversa tutta la storia: questa caducità dolorosa e insopportabile che sembra trascinare tutto nel vuoto.
La critica si mostra perplessa davanti all’ultimo romanzo dello scrittore francese. La disperata denuncia del collasso della cultura occidentale de “Le particelle elementari” è scomparsa. Non c’è nemmeno traccia della critica profetica di “Sottomissione”, ritratto di una fede (islamica) irrazionale e anestetizzante. Anche l’attività sessuale dei personaggi è quasi ordinata e si verifica, nella maggior parte dei momenti, all’interno di una relazione amorosa. Cos’è successo a Houellebecq?
“Annientare” è meno riuscito rispetto ad altri suoi libri. Sullo sfondo attentati fittizi e reali e, come sempre, molta politica francese. Probabilmente ha troppe pagine e alcuni eccessi narrativi. Ci sono personaggi che sono un puro pretesto. Ma la cosa interessante e provocatoria è che il personaggio principale, Paul, esce dal mare dal nulla, cerca anche ingenuamente il significato delle cose.
Paul è un alto funzionario dell’amministrazione francese la cui funzione principale è quella di accompagnare Bruno, un ministro con grande peso politico. La sua è la vita di un uomo maturo, solo, ottuso, bloccato in una freddezza affettiva che lo allontana quasi da tutto. Fino a quando in modo inaspettato accadono diversi eventi (malattia, amore, morte) che lo accendono.
Suo padre è assolutamente paralizzato, può esprimersi solo con i movimenti degli occhi. Houellebecq, di fronte a questo evento, fa esprimere a uno dei personaggi secondari una denuncia forte: “C’è stata una radicale mutazione antropologica” (…) la vita degli anziani non è più rispettata” (…). “Dando più valore alla vita di un bambino, neghiamo ogni valore alle nostre azioni reali. Priviamo la nostra vita di ogni motivazione e significato: è, molto concretamente, ciò che chiamiamo nichilismo. Svalutare il passato e il presente a beneficio del futuro, svalutare il reale per preferire una virtualità situata in un futuro incerto, sono sintomi del nichilismo europeo molto più decisivi di tutto ciò che Nietzsche ha potuto rilevare”.
Paul, tuttavia, attraverso ciò che gli accade, supera la mutazione antropologica. All’inizio sembra essere intrappolato: “Aveva sempre visto il mondo come un posto dove non avrebbe dovuto essere, ma non aveva fretta di andarsene, semplicemente perché non ne conosceva un altro. Doveva essere un albero, comunque un po’ meno agitato di un uomo, con un’esistenza meno soggetta a variazioni”. Ma l’ipotesi del nulla, quando pensa alla morte, gli fa desiderare più vita. “Quanto tempo gli rimaneva? Poi sarebbe venuto il nulla, un nulla radicale e definitivo. Il mondo avrebbe proseguito il suo corso, gli esseri umani si sarebbero accoppiati, avrebbero provato desideri, li avrebbero inseguiti, ma tutto questo sarebbe accaduto senza di lui”. Per aggiungere in un altro passaggio, quando un tramonto gli sembra un simbolo di morte: “Il sole al tramonto non era un addio, la notte sarebbe stata breve e avrebbe portato a un’alba assoluta, la prima nella storia del mondo”.
La questione di Dio appare insistentemente, Paul vuole ascoltarlo. “Se Dio fosse realmente esistito, avrebbe potuto dare più indicazioni sui Suoi criteri. Dio era un cattivo comunicatore”, pensa. Pur rifiutandola, comprende la provocazione e la possibilità dell’incarnazione di un Dio che si esprime come misericordia. Di fronte a un paesaggio “immerso in un silenzio religioso” si dice che “se Dio fosse presente nella sua creazione, se dovesse comunicare un messaggio agli uomini è lì che lo farebbe (…). In un certo senso il messaggio era chiaro, ma era difficile metterlo in relazione con l’esistenza terrena di Gesù Cristo, segnata da numerosi rapporti umani e anche da tanti drammi, i ciechi che vedono, i paralitici che camminano di nuovo”. In un altro momento è ancora più consapevole di ciò che comporta il cristianesimo: “Quando le creature di Dio cadono nel peccato, la sua misericordia può agire. Ricordava un versetto di Claudel che lo aveva colpito quando aveva quindici anni: so che dove abbonda il peccato, sovrabbonda la sua misericordia. Ma queste parole erano da prendere alla lettera? La misericordia doveva essere considerata una conseguenza del peccato? E il peccato non era stato autorizzato per permettere la rinascita della grazia, e quindi della misericordia?”.
L’alto funzionario esce dal mare del nulla grazie a un amore che rinverdisce quando sembrava secco. Grazie alla compagnia di persone come sua sorella che gli grida: “La vita è un dono di Dio e Dio ti aiuterà se aiuti te stesso (…). Forse pensi che la tua vita ti appartenga, ma è falso, appartiene a quelli che ti amano, tu appartieni a Prudence (sua moglie), ma anche un po’ a me, e forse ad altre persone che non conosco, ma appartieni ad altri anche se non lo sai”.
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