Con l’approvazione (faticosa, per via dell’opposizione di qualche Regione) da parte del Ministero della Salute del Decreto 23 maggio 2022, n. 77 (“Regolamento recante la definizione di modelli e standard per lo sviluppo dell’assistenza territoriale nel Servizio sanitario nazionale”) è stato fissato anche formalmente un (primo?) paletto per definire il quadro programmatorio complessivo per la missione 6 (assistenza sanitaria) del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), quadro programmatico che dovrebbe (il condizionale è d’obbligo) permettere di portare ordine in un settore largamente trascurato del Servizio Sanitario Nazionale, e cioè l’assistenza territoriale.

Per chi è meno addentro alle tematiche di programmazione sanitaria dobbiamo infatti ricordare come nel nostro paese sia assente un modello condiviso per tale tipo di assistenza, modello che (almeno sulla carta) esiste invece per il comparto ospedaliero (DM 70 del 2 aprile 2015: “Regolamento recante la definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera”). In questa assenza, come noto, il PNRR si è inserito forzosamente con la proposta di alcune soluzioni tecniche (ospedali di comunità, case di comunità, centrali operative, digitalizzazione e telemedicina, …), soluzioni di cui, ad oggi, ancora non abbiamo evidenza per quanto riguarda la loro adeguatezza nell’affrontare il tema della assistenza territoriale: l’approvazione del DM 77, pur non risolvendo appieno le problematiche programmatorie segna un passo in avanti perché dà un volto specifico ed una caratterizzazione alle proposte tecniche formulate con il PNRR.

La mancata approvazione del regolamento di requisiti standard oggi definito con il DM 77 è infatti sicuramente uno dei motivi che ha fin qui rallentato l’implementazione del PNRR in molti territori: almeno dal punto di vista dei requisiti tecnici necessari per realizzare le proposte contenute nel Piano da ora non ci dovrebbero essere più resistenze a livello regionale (anche se bisogna riconoscere che pur in assenza formale del DM qualche regione si era già mossa: una su tutte la Lombardia).

Successivamente alla approvazione del DM 77 un secondo atto amministrativo molto importante ha visto la luce: è di questi giorni, infatti, la pubblicazione di 21 Contratti Istituzionali di Sviluppo (CIS) sottoscritti tra il Ministero della Salute e le singole Regioni e Provincie Autonome. I CIS sono fondamentali per la realizzazione del PNRR perché, oltre ad avere definito le regole di ingaggio, i compiti, e le responsabilità sia dei soggetti attuatori (Regioni) che dei controllori (Ministeri della Salute e dell’Economia, Agenas), riportano il Piano operativo di ogni Regione con l’indicazione specifica di tutti gli interventi da effettuare ed il relativo cronoprogramma. Per ogni intervento il CIS contiene una scheda che elenca le informazioni anagrafiche e finanziarie dell’intervento, le relative modalità attuative, il cronoprogramma, le cosiddette “milestone” (cioè i traguardi qualitativi da raggiungere tramite una determinata misura del PNRR) e i target stabiliti (cioè i traguardi quantitativi).

Con cadenza almeno bimestrale il soggetto attuatore rendiconta le spese effettivamente sostenute nonché gli indicatori di realizzazione associati al progetto comprovandone il conseguimento attraverso la produzione e l’imputazione nel sistema informatico della documentazione probatoria pertinente. Al Ministero della salute spetta il compito primario di presidiare e vigilare sull’esecuzione, in modo costante, tempestivo ed efficace, degli interventi che compongono le misure del PNRR di competenza e di garantire il raggiungimento dei relativi risultati (milestone e target), il cui conseguimento, secondo le tempistiche stabilite, rappresenta la condizione abilitante per il rimborso delle risorse da parte della Commissione Europea.

La Missione 6 Salute del PNRR è strutturata in due componenti:

  • La Componente 1 ha l’obiettivo di rafforzare le prestazioni erogate sul territorio grazie all’attivazione e al potenziamento di strutture e presidi territoriali (come le Case della Comunità e gli Ospedali di Comunità), rafforzando l’assistenza domiciliare, lo sviluppo della telemedicina e una più efficace integrazione con tutti i servizi sociosanitari;
  • La Componente 2 comprende, invece, misure volte al rinnovamento e all’ammodernamento delle strutture tecnologiche e digitali esistenti, al potenziamento e alla diffusione del Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE) ed una migliore capacità di erogazione e monitoraggio dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) da realizzare anche attraverso il potenziamento dei flussi informativi sanitari. Inoltre, rilevanti risorse sono destinate anche alla ricerca scientifica e a rafforzare le competenze e il capitale umano del Servizio Sanitario Nazionale (SSN).

Complessivamente sono circa 6.000 i progetti elencati nei 21 contratti regionali. Non c’è qui lo spazio per una descrizione di dettaglio degli interventi locali però si può elencare l’insieme degli interventi (a livello nazionale) per tipologia di progetto:

  • Componente 1 (assistenza di prossimità e telemedicina). Case della comunità: 1.350 interventi; Centrali Operative Territoriali (COT): 600; Ospedali di comunità: 400. Risorse complessive: 3.204.517.588 euro

Componente 2 (innovazione, ricerca e digitalizzazione dell’assistenza sanitaria). Digitalizzazione dei DEA (280); Ammodernamento del parco tecnologico e digitale ospedaliero, grandi apparecchiature (3.100); Verso un ospedale sicuro e sostenibile (329); Sviluppo delle competenze tecniche-professionali, digitali, e manageriali del personale del SSN (2.700 borse aggiuntive in formazione di medicina generale, corso di formazione in infezioni ospedaliere). Risorse complessive: 6.963.951.084 euro.

Come si osserva facilmente, meno di un terzo delle risorse è indirizzato alla assistenza territoriale ed oltre due terzi sono dedicate al comparto ospedaliero ed alla formazione.

Riusciranno i nostri eroi (Regioni) a raggiungere le “milestone” ed i “target” dei progetti contrattualizzati rispettando le tempistiche indicate e portando quindi a casa il “malloppo” concordato? I molti “errori di stampa” presenti in tante delle schede di progetto che abbiamo potuto leggere dicono certamente della (comprensibile) fretta con cui sono stati predisposti gli atti amministrativi, fretta che però per il momento non sembra parimenti caratterizzare l’implementazione dei progetti in diverse regioni. E riusciranno gli Enti Centrali di controllo e monitoraggio ad esercitare proficuamente il loro compito garantendo (tra altro e come titola l’art. 12 di ogni contratto) la “Prevenzione e repressione della criminalità organizzata e dei tentativi di infiltrazione mafiosa”? Ce lo auguriamo, anche se il numero molto elevato di progetti necessiterà della messa in campo di una struttura organizzativa importante (Ministero della salute, Agenas, …) che al momento non è ancora stata delineata, momento per altro piuttosto delicato per il Ministero della salute dal punto di vista organizzativo perché è da poco stata definita la nuova struttura direzionale del Ministero stesso e devono essere assegnate le posizioni (tra cui, forse la più rilevante è la sostituzione del Direttore Generale della Programmazione sanitaria, Urbani, che ha lasciato il Ministero).

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