Era un uomo che mordeva più di quanto potesse masticare. Un uomo? Più che tale era un’anima sordida, sempre inquieta per il credito o il discredito delle sue monete. Si alzava di buon mattino e s’addormentava a tarda ora (su questo c’è da crederci) sprofondato in contratti, titoli e pergamene. Nel cuore gli ardeva una sola libidine: quella di speculare o, al massimo, di non rimetterci.
È difficile dire se individui del genere possano definirsi parenti, amici, cittadini, cristiani. O, semplicemente, uomini: diciamo che è gente che ha denaro, punto. E che sono sedotte dal profitto, dall’interesse come le anime belle lo son dalla gloria e dalla virtù. Mordeva più di quanto i suoi denti potessero masticare, insomma: “Che farò, poiché non ho dove mettere i raccolti?”. Era un prototipo del ricco di turno, che dalla sua ricchezza ricavava soltanto la paura di perderla.
Per questo Cristo si divertì a raccontare la sua storia ad un tale che gli chiedeva d’improvvisarsi mediatore tra lui e suo fratello per dei grattacapi circa l’eredità. Preferì raccontar loro una storia, perché le teorie possono venire confutate ma la realtà non tradisce mai: “La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante”.
S’era fatto ricco sfondato lavorando la terra. Sarà pur vero che la fortuna lo ha baciato, ma è altrettanto vero che lui s’è dato da fare: zappa, vanga, carriola. Di notte e di giorno. Non è un problema la sua ricchezza: è stato il cristianesimo rachitico a spargere in giro la bufala che Dio odia la ricchezza. Peggio: che odia il ricco. Fosse vero questo, come la mettiamo con quei tre amici, ch’erano ricchi sfondati a vedere di cosa son stati capaci, che gli han voluto un bene immenso, da lui ricambiato? Giuseppe d’Arimatea, quello del sepolcro scavato dentro la roccia; Nicodemo, che si presentò al momento della sepoltura con un capitale di profumi; le donne ricche che, all’occorrenza, non badarono a spese per l’Amico.
Cristo – chi lo conosce lo sa – non ha mai disdegnato la ricchezza: è intelligente da capire che per aiutare i poveri son necessari i ricchi. Che per modificare una situazione di povertà è necessaria la ricchezza. Per questo, in vita, frequentò le case dei ricchi, oltreché dei poveri. Anche dei ricchi arricchitisi in maniera poco onesta: perché, con lui in casa, iniziassero a riciclare quel denaro lurido con dei gesti di carità.
“Se hai un milione di dollari e non vivi nella gratitudine – sembra di sentirlo confabulare con Zaccheo o con uno di quella razza – sei una persona davvero povera. Se hai davvero poco ma sei grato di ciò che hai, sei realmente ricco”. Zaccheo e compagnia bella, all’occasione, capirono che aveva ragione: per quanto grande tu possa costruire la casa, fino a farla diventare un castello, quando ti sdraierai occuperai lo stesso spazio di prima. “Non è così, Zaccheo?”
Quest’uomo, invece, voleva ampliare i suoi granai senza rendersi conto, a conti fatti, che non avrebbe mai potuto mangiar più di tanto grano al giorno. Per questo Iddio disse di lui ch’era sostanzialmente un cretino: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà”. Non gli rinfacciò affatto la sua ricchezza: Cristo non era uno di quei menzogneri che andava a dire che i soldi non servono a nulla. I soldi servono, invece: per avere una dignità, per vivere una vita dignitosa, per non dipendere sempre dagli altri. Per realizzare qualche scopo e, facendolo, sentirsi appagati. È così intelligente – e per questo certi ricchi gli han dato ascolto e credito – da non disprezzare le ricchezze, ma di aiutare chi ce le ha ad investirle sulle giuste azioni, perché non si trasformino in perdite colossali: “Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio” (cfr Lc 12,13-21).
Tirato in ballo per una delle solite grane riguardanti una eredità, Cristo imbastì una lezione di economia intelligente: “D’altronde – questo lo aggiungo io ascoltandolo – tutti vogliono viaggiare in limousine, ma quando la limousine si rompe vorrebbero qualcuno che prendesse con loro l’autobus, per non sentirsi inferiori”. Questa “cieca cupidigia che v’ammalia” (D. Alighieri).
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.
SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI