Può apparire paradossale che sia proprio Francis Fukuyama a lanciare oggi un grido di allarme vedendo in pericolo il liberalismo e la democrazia. Lui che nel’92, nel celebre saggio “La fine della storia e l’ultimo uomo” aveva teorizzato che eravamo al “capolinea dell’evoluzione ideologica dell’umanità” e che il liberalismo democratico era la direzione verso cui la storia in modo ormai irreversibile camminava. Tutto in quel momento pareva confermare che fossimo alla fine di un percorso. Dalla caduta del Muro di Berlino, al progressivo sgretolamento dell’Unione Sovietica.
Le tesi di Fukuyama fecero discutere, anche a seguito degli eventi storici successivi che sembrarono smentirle. Lui stesso amò tornarci sopra, approfondirle, aggiornarle. Oggi, con il nuovo saggio “Il liberalismo e i suoi oppositori” Fukuyama torna sul tema del liberalismo e della democrazia, sottolineando con forza che la democrazia va difesa e salvata. In una recente intervista a Repubblica, facendo riferimento alle sue tesi del ’92, afferma “le cose sono più complicate.” Evidentemente più complicate di come potevano apparire trent’anni fa. E rivolgendosi esplicitamente ai suoi contemporanei, a noi, ci sollecita a un impegno. “Per garantire equità e democrazia serve vigilanza, dibattito, buona politica. Il liberalismo morirà solo se la gente smetterà di crederci. Bisogna ricordare alla gente che il liberalismo ha ottimi motivi e vale la pena difenderlo. Non sta in piedi da solo, serve l’impegno di tutti”.
Questo appello oggi colpisce. È vero. Le cose alte vanno salvate. Ma per salvarle occorre riconoscere che non si tratta di difendere valori o parole d’ordine, ma di custodire esperienze buone. Perché la democrazia prima di essere un valore è stata ed è un’esperienza di partecipazione e di costruzione condivisa del bene comune. Anche la libertà prima di essere un diritto è un’esperienza e, mi permetto di aggiungere, anche la condivisione tra le persone è una storia prima che un’etica. Non si tratta di principi astratti, ma di esperienze che accadono nella vita degli uomini.
Anche oggi vediamo storie belle e positive di democrazia, di libertà, di condivisione. Continuiamo ad assistere al sacrificio di un popolo che ha conosciuto la libertà ed è disposto a morire per difenderla. Ci imbattiamo in famiglie che accolgono altre famiglie. Incontriamo giovani e meno giovani che hanno ancora desiderio di capire come va il mondo e di impegnarsi per una buona politica. Storie reali e vicine. Così reali e così vicine che ognuno di noi potrebbe raccontare quelle che ha conosciuto, con tanto di nomi e cognomi. Esperienze che magari fanno meno clamore dell’assenteismo elettorale o degli ormai stucchevoli litigi che i big della politica non ci risparmiano, ma che, quando le incontriamo, ci allargano il cuore. Il gusto e l’esperienza della libertà, la capacità di condivisione, la passione per la democrazia sono cose alte che non possiamo rinunciare a salvare.
E se non molleremo su questo sarà per un’unica ragione. Se di questi “beni” avremo fatto esperienza. Perché si è disposti a difendere e anche a dare la vita solo per salvare un bene incontrato e sperimentato. E ognuno di noi sa che questo vale non solo per la libertà, ma per ogni esperienza che ci abbia toccato il cuore e lo abbia fatto vibrare. Così accade quando ci si innamora. O quando si è incontrata una persona o un’esperienza che ti ha cambiato la vita. La cosa più bella che possa capitarci, ciò che possiamo augurare a noi stessi e ai nostri giovani, è di poter avere memoria di un fatto, una persona, un istante, di cui poter dire “questo non lo dimentico più”.
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