Al Meeting cose impreviste, nuove, forse anche imprevedibili, continuano ad accadere. È un esito che, come don Giussani aveva detto in un’intervista del 1999, non possiamo non sentire “come favorito da Dio”. E ogni anno attendi con trepidazione per vedere in quali forme quel favore si manifesterà. Ciò che anche in questi giorni stiamo vedendo è il riaccadere del Meeting come luogo di incontro, spazio di libertà, dove essere provocati a guardare la propria umanità, i bisogni propri e del mondo, condividendo la propria identità in dialogo con tutti.
C’è qualcosa al Meeting che fa dire a un giovane padre, arrivato dalla Polonia con moglie e quattro figli, che lui continua a venire da anni, perché ne ha bisogno, perché “qui si vive tutto nel profondo, con profondità” e perché “ha bisogno di rincontrare questi amici per poter vivere senza paura le sfide della vita”.
Continua ad esserci qualcosa che fa dire alla nostra amica giapponese, buddista, che per anni ha accompagnato al Meeting il prof. Habukawa, già rettore del Monastero buddista del Monte Koya, “la vostra storia ormai è la mia storia. L’incontro con voi mi ha cambiato la vita. È il Mistero che mi fa continuare questa opera di amicizia, questo incontro tra persone di religioni diverse”.
Il Meeting è un luogo in cui è possibile che il segretario generale della Lega Musulmana mondiale, Abdul Karim Al-Issa, una delle massime autorità dell’islam, invitato al Meeting per intervenire sul Senso Religioso di don Giussani, ne valorizzi i passaggi sulla ragione e sulla libertà, giungendo ad affermare che la ragione è indispensabile per vivere la fede e che “la libertà è elemento principale dell’esistenza”. “Sul palco del Meeting continuano ad accadere miracoli”, ha commentato commosso il prof. Wael Farouq, concludendo l’incontro.
Un altro grande amico, il rabbino prof. Weiler, spesso venendo al Meeting dice “qui si respira lo spirito di Giussani”. Giussani, al Meeting in 25 anni era venuto tre volte, non aveva mai partecipato alla definizione del programma, durante il Meeting, spesso, era in vacanza con gli studenti universitari. Ma negli ultimi anni amava collegarsi per un saluto nella giornata conclusiva.
E proprio al Meeting del 2004 (Giussani morì il 22 febbraio del 2005) dettò nel cuore di ognuno di noi parole che è difficile dimenticare: “Io lascio queste parole come le ultime che in questo momento possiamo ripetere: appassionato calore, appassionato affetto per quello che l’uomo può fare essere e centrare nella sua storia”. Era una voce roca e malferma che vibrava di quella passione intensa e concreta per l’uomo, per l’essere dell’uomo, per il suo agire e per la sua partecipazione alla storia.
Difficile non riconoscere che quel balbettio stentato con il quale proviamo a dialogare con tutti, quel passo claudicante e incerto con il quale ci mettiamo insieme agli altri uomini per costruire un mondo buono, quello sguardo debole e spesso annebbiato che non rinunciamo comunque a volgere sui nostri fratelli uomini feriti e bisognosi, quell’abbraccio fragile e talora impaurito che desideriamo comunque che arrivi al mondo, ecco, è difficile non riconoscere che tutti questi gesti sono l’eco di quel suo appassionato “amore al mistero dell’uomo”. E noi ne siamo diventati partecipi fino ad avere desiderato di fare il Meeting.
Viene da chiedersi in che modo oggi possiamo corrispondere a quel favore di Dio di cui parlava don Giussani. Cioè noi, cosa possiamo metterci di nostro, che nasca dalla nostra libertà? Nel dicembre del 1980, a pochi mesi di distanza dal primo Meeting, sempre Giussani, guardando ciò che era successo, individuava nell’esperienza accaduta tre fattori: la passione per la vita, condivisa in una amicizia, che diventa energia per cambiare e costruire.
Nulla di tutto ciò oggi è facile, istintivo, naturale. Siamo tutti figli di questo tempo, impaurito, litigioso, ultimamente sfiorato da uno scetticismo strisciante. Per me posso solo desiderare che il Mistero di Dio mi metta sempre sulla strada qualcuno che non ha perso quella passione per la vita e che io non perda la libertà di andargli dietro per riguadagnare la stessa passione.
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