La sanità fa rima con sussidiarietà. Troppo scontato, dirà qualcuno, “piace vincere facile” considerato il contenitore che ci ospita, e qualcun altro più malizioso invocherà certamente una “captazio benevolentiae”. Cogliamo allora la provocazione e proviamo ad approfondire.
Dal libro bianco sui principi fondamentali del Servizio Sanitario Nazionale (lo adottiamo ad esempio per non correre il rischio di scegliere le rime che ci fanno comodo) apprendiamo che sanità fa rima con universalità, fa rima con equità e uguaglianza, con centralità della persona, con globalità della copertura assistenziale, con responsabilità pubblica della tutela della salute, con fiscalità generale, con portabilità dei diritti in tutto il territorio nazionale; ed anche con qualità, con professionalità, con prossimità, con continuità della cura, e via via con un interminabile elenco di altri termini in “ità”: ma ci fermiamo qua (dove l’accento non va) e proviamo, visto che siamo all’inizio di una nuova legislatura, a vedere cosa si nasconde dietro a queste rime.
Sanità e universalità. Dietro questa rima c’è l’idea che la promozione, il mantenimento e il recupero della salute fisica e psichica dei singoli e delle comunità, superando il sistema mutualistico a favore di un sistema di sicurezza sociale per tutta la popolazione costituito dal SSN, avvengano con una organizzazione capillare sul territorio nazionale tale per cui le prestazioni sanitarie, e nello specifico i Livelli Essenziali di assistenza (LEA), debbano essere erogate a tutta la popolazione. Succede così nel nostro paese? Basta guardare l’eterogeneità distributiva dei servizi su tutto il territorio, in termini ad esempio di diversa quantità di posti letto ospedalieri, di mancanza di servizi essenziali (è il caso delle RSA in alcune regioni, e della ADI in altre), di carenza di professionisti, e così via, per concludere facilmente che in alcuni contesti l’universalità rimane un principio astratto la cui pratica lascia molto a desiderare.
Sanità ed equità e uguaglianza. Dietro questa rima c’è l’idea che i cittadini, a parità di bisogno, devono poter accedere alle prestazioni del SSN senza alcuna distinzione di condizioni individuali, sociali ed economiche. Succede così nel nostro paese? Anche in questo caso ci sono purtroppo molti indizi che segnalano maggiori difficoltà all’accesso ai servizi per diverse categorie di persone fragili, peggiori esiti delle cure per i soggetti economicamente e socialmente più deprivati, e addirittura la rinuncia alle cure stesse per motivi economici a causa del notevole aumento delle persone considerate sotto la soglia di povertà. Riesce il SSN a garantire a tutti la stessa qualità, efficienza, appropriatezza del servizio e delle prestazioni o per alcuni cittadini (perché fragili, anziani, soli, poveri, …) questi attributi sono una chimera?
Sanità e centralità della persona. Dietro questa rima c’è l’idea che al centro del SSN ci sia il cittadino con il suo bisogno di salute. Succede così nel nostro paese? Ad esempio: esiste in tutti i territori una vera libertà di scelta del luogo di cura? Viene esercitata una effettiva presa in carico del paziente o semplicemente vengono erogate prestazioni? La prossimità al cittadino ed al suo bisogno di cura è il livello della risposta sociale, politica e amministrativa che il SSN offre su tutto il territorio nazionale? Se facciamo queste domande è perché sappiamo che la prossimità oggi non è la modalità con cui viene affrontato il bisogno di salute, e proprio in virtù della sua assenza essa è stata messa al centro delle proposte contenute nel PNRR. E la centralità della persona significa anche la valorizzazione della professionalità degli operatori sanitari perché la loro professionalità, non solo in senso tecnico, ma anche come capacità di interagire con i pazienti e rapportarsi con i colleghi nel lavoro di équipe, è determinante ai fini della qualità e dell’appropriatezza delle prestazioni.
Sanità e globalità della copertura assistenziale. Dietro questa rima c’è l’idea che il SSN debba provvedere globalmente al bisogno di salute del cittadino, ma non nel senso di farsi carico di qualsiasi desiderio o richiesta bensì definendo cosa si debba intendere per “globalità”: qualcosa che per il nostro SSN è stato definito attraverso il concetto di “Livelli essenziali di assistenza”. Succede così nel nostro paese? Purtroppo ci tocca osservare come, da una parte l’erogazione dei livelli essenziali è tanto eterogenea sul territorio nazionale da mettere in discussione il concetto stesso di essenzialità (si può accettare che una prestazione definita essenziale non venga erogata o venga erogata in misura insufficiente rispetto al bisogno?), dall’altra è molto forte (e spesso subdola) la spinta da parte di molti attori del SSN ad introdurre servizi e prestazioni che rispondono a criteri diversi dalla essenzialità (medicina difensiva, esami inutilmente ripetuti, accanimento diagnostico, profittabilità della prestazione, …). Le difficoltà di accesso, ad esempio, alle prestazioni in tempi ragionevoli (è enorme e generalizzato il problema dei tempi di attesa) costringono chi ha la possibilità ad esplorare strade alternative al SSN e chi non ce l’ha alla rinuncia alla cura.
Sanità e responsabilità pubblica della tutela della salute. Dietro questa rima c’è l’idea che la tutela della salute è una responsabilità pubblica che va esercitata con attività che competono sia allo Stato (determinazione dei LEA) che alle Regioni (organizzazione ed erogazione dei servizi), con l’obiettivo di assicurare condizioni e garanzie di salute uniformi su tutto il territorio nazionale e livelli delle prestazioni sanitarie accettabili e appropriate per tutti i cittadini. E’ in questo contesto che risulta particolarmente efficace l’esercizio del principio di sussidiarietà come tentativo di far corrispondere il livello della risposta sociale, politica e amministrativa con il livello dell’interesse e/o del bisogno del cittadino. E’ l’idea di prossimità e di vicinanza al bisogno, più facilmente esercitabile da chi (pubblico o privato, non profit o profit, individuo o associazione, …) al bisogno è più prossimo. Succede così nel nostro paese? L’ultimo rapporto sulla Sussidiarietà ci dice che ci sono ancora realtà sanitarie e sociali, comunità dove le persone condividono obiettivi, intrecciano relazioni di fiducia, sperimentano in modo concreto la conciliazione tra bene individuale e collettivo, nel tentativo di rispondere al bisogno di salute (è il caso, in particolare ma non solo, di tutto il cosiddetto terzo settore), ma le “sirene” dello statalismo (anche approfittando di un atteggiamento delle Regioni spesso commendevole) che avevano perso in questi anni il loro appeal stanno rialzando la testa in alcuni programmi elettorali.
E ci fermiamo ai cosiddetti principi fondamentali per chiederci: con cosa farà rima la sanità nel nuovo governo che uscirà dalle elezioni? Riuscirà a rendere più praticati questi principi? Il “silenzio sanitario” di questa campagna elettorale non ci lascia certo tranquilli e fiduciosi.